venerdì 29 marzo 2013

Infiltrazioni di acido ialuronico



Che cosa sono?


In ortopedia, l'infiltrazione di acido ialuronico è una puntura che si effettua all'interno di un articolazione e serve per lubrificare e migliorare lo scorrimento delle ossa. È un nuovo trattamento che offre la possibilità di praticare le stesse terapie sia per le malattie reumatiche, sia per la riduzione della cartilagine o artrosi di: ginocchio, anca e articolazione trapezio-metacarpale (per la rizoartrosi). In caso d’infiltrazione all'anca, se si esegue contemporaneamente un'ecografia, è possibile vedere l'avanzamento dell'ago su un monitor ecografico. Questo permette di visualizzare bene la capsula articolare in cui iniettare il farmaco che può essere una soluzione di acido ialuronico o anche cortisone.





Cosa s’inietta nell’articolazione con artrosi?
Il farmaco che si utilizza è l'acido ialuronico (HA), che è una molecola sintetizzata tramite processi naturali dalle cellule sinoviali. Queste cellule agiscono per:
  • lubrificare le articolazioni durante il carico;
  • conferire proprietà elastiche e viscose alle parti interessate;
  • esercitare una protezione parziale del tessuto durante la penetrazione dagli enzimi litici o dalle cellule infiammatorie.

Con minor frequenza, i cortisonici sono utilizzati perché hanno proprietà antiinfiammatorie quindi possono solo ottenere un successo momentaneo. L'acido ialuronico è una sorta di lubrificante. Nelle articolazioni dei pazienti affetti da artrosi, il liquido sinoviale contiene una minor quantità di HA (quindi è meno viscoso), queste infiltrazioni aumentano le proprietà fisiologiche del fluido. Nel caso d’infiltrazioni con acido ialuronico, durante l’ingresso del farmaco si può percepire un lieve fastidio a causa della viscosità dello stesso.





Chi sono i candidati ideali per questa procedura?
I pazienti che possono trarre più giovamento da questo trattamento sono quelli affetti da artrosi al ginocchio, all'anca e alla trapezio-metacarpale, nella fase intermedia e iniziale. I pazienti con artrosi all'anca in stato avanzato, ottengono meno beneficio perché lo spazio articolare è ristretto. In questo caso si consiglia di consultare l'ortopedico per un eventuale intervento chirurgico.
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Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista Tel 0522/260654 Defilippo.massimo@gmail.com P. IVA 02360680355
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Infiltrazioni di Cortisone




Che cosa sono?
Sono iniezioni di corticosteroidi, cioè farmaci antinfiammatori steroidei, utilizzati in caso di patologie articolari. Il cortisone è il farmaco anti-infiammatoro più efficace, è molto utile nella cura dell'artrite psoriasica, dell'artrite reumatoide, dell'artrite gottosa e nell'acutizzazione dei processi artrosici. Il cortisone dev'essere iniettato direttamente nell'articolazione in cui si trovano i processi infiammatori.
Il tipo di cortisone utilizzato dipende dalla patologia che riscontra il paziente e dall'effetto desiderato. Solitamente, in ogni fiala da iniettare è presente anche un anestetico locale, che in genere è la lidocaina. Generalmente, un approccio base include un'infiltrazione a settimana, per un totale di tre-cinque terapie l’anno. Tra un ciclo di terapie e l'altro bisogna aspettare almeno un mese. Il cortisone ha effetto immunosoppressore e antinfiammatorio, per questo conferisce sollievo dal dolore e riduzione dei versamenti articolari nella fase acuta della malattia.   Quali sono le contrindicazioni e gli effetti collaterali? Sebbene solo una minima percentuale del farmaco iniettato raggiunga il circolo sistemico, a livello intra-articolare l'abuso di questi farmaci può causare pesanti conseguenze. Un eccessivo numero d'infiltrazioni potrebbe indebolire:

  1. Tendini, 
  2. Legamenti, 
  3. Ossa,
  4. Altre strutture che compongono l'articolazione. 

Per alcune categorie di pazienti, la piccola percentuale di farmaco che entra in contatto con il circolo sistemico può essere eccessiva. Si sconsiglia le infiltrazioni di cortisone in concomitanza di terapia anti-trombotica, attività sportiva agonistica (per la positività al doping), diabete, ipertensione, immunodepressione e osteoporosi severa. Per questo motivo è bene circoscrivere l'impiego delle infiltrazioni di cortisone alle fasi acute delle artropatie, quando il dolore e l'infiammazione sono maggiori e limitano l’ampiezza articolare. Se effettuate nel rispetto delle regole di asepsi (rimozione dei peli, accurata detersione e disinfezione della cute, sostituzione dell'ago dopo aspirazione del farmaco), le infiltrazioni di cortisone di norma non causano alcun effetto locale importante. Tra gli effetti collaterali più comuni spicca il rischio di reazione infiammatoria, caratterizzato da dolore e rossore locale. L'atrofia cutanea e la depigmentazione della parte trattata rappresentano la possibile conseguenza dello stravaso di cortisone nella pelle circostante.
Per qualunque perplessità creare un post nel forum del Dr. Defilippo.
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venerdì 15 marzo 2013

Frattura del braccio

Come avviene?

Frattura dell'omero significa rottura dell'osso del braccio,  può verificarsi nella regione superiore, centrale o inferiore dell'osso.
La parte superiore comprende il collo anatomico, il collo chirurgico, il trochite, il trochine e la testa dell'omero.
Generalmente, la frattura del braccio si verifica negli anziani che soffrono di osteoporosi quando https://www.fisioterapiarubiera.com/cura/sintomi-dell-osteoporosi-e-cura/cadono o scivolano a terra sulle mani.
Se la rottura del braccio avviene nella parte superiore è possibile che si lussi la spalla, quindi il quadro clinico si aggrava.
La lesione della diafisi dell'omero (la parte centrale) colpisce più spesso gli adulti e il meccanismo di rottura è un trauma diretto.
Le fratture della parte superiore del gomito capitano quasi esclusivamente a bambini e adolescenti, quando cadono con il gomito in iperestensione.


Quali sono i segni e i sintomi?

Il soggetto si presenta in pronto soccorso con il braccio attaccato al torace e il gomito flesso per paura del dolore che è molto intenso e insopportabile.
I segni consistono nell'edema a livello della frattura e nell'ematoma che si estende nella parte interna del braccio e nel torace.
Il braccio non si riesce a muovere ed è possibile avvertire un rumore di ossa che "grattano" tra loro. Se la frattura è scomposta, è possibile che si veda sporgere una parte del braccio.




Quali sono le complicazioni?

Le complicanze immediate sono lo shock ipovolemico, cioè un drastico calo del sangue circolante che può portare allo svenimento.
È necessario fare attenzione alla possibile formazione di tromboflebiti, ovvero la nascita di coaguli di sangue che ostruiscono le arterie.
Dai trombi possono originare gli emboli, cioè questi coaguli si staccano, vanno in circolo e possono chiudere le arterie del corpo.
Le fratture che comportano maggiori rischi sono quelle superiori, nella regione vicina alla scapola e alla clavicola, mentre una lesione a livello del gomito è caratterizzata da rischi minori.
Le complicanze associate al trauma sono la lesione di nervi, muscoli e vasi sanguigni.
Lungo la diafisi dell'omero decorrono i nervi: radiale, mediano e ulnare, quindi sono soggetti a stiramento o lesione in caso di frattura scomposta.
Le arterie possono essere fortemente danneggiate soprattutto in caso di frattura del collo anatomico dell'omero, possono causare una necrosi vascolare, cioè il blocco della circolazione sanguigna in una regione corporea; dove non arriva il sangue non c'è vita.
L'arteria più frequentemente colpita è l'arteria brachiale.
Una frattura scomposta può causare la lussazione della spalla, lo strappo dei tendini della cuffia dei rotatori  oppure dei muscoli del braccio: bicipite, brachiale, tricipite e deltoide.
Tra le complicazioni tardive c'è la formazione di una pseudoartrosi, cioè non avviene una consolidazione corretta o si forma un callo fibroso al posto di quello osseo.  

Qual'è la prognosi?

Il tempo di recupero dipende dal tipo di frattura, se è composta può guarire completamente in 2/3 mesi, ma se è scomposta con molti frammenti può essere necessario un intervento chirurgico.
In questo caso l'ortopedico fissa una placca o un endoprotesi che tiene uniti i frammenti.
Se il soggetto è anziano non sempre è possibile il recupero completo dell'articolarità, il braccio rotto potrebbe non essere più in grado di muoversi come l'arto sano.
In caso di frattura scomposta, per recuperare completamente il movimento e ritornare ai livelli pre-trauma sono necessari alcuni mesi, in particolare per riuscire a compiere correttamente le rotazioni della spalla.
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Cosa fare? Qual'è la terapia adatta?

L'ortopedico può consigliare l'intervento chirurgico per evitare danni importanti o per riuscire a recuperare l'articolarità, poi si inizierà un percorso riabilitativo  per guarire completamente. In caso di frattura composta, si dovrà portare un tutore o un gesso ancorato al collo per un mese circa, in modo da permettere il consolidamento dell'osso.
La terapia migliore per aiutare a consolidare l'osso è la magneto terapia che può dimezzare i tempi di recupero.
Quando si toglie il gesso, viene ripetuta la radiografia di controllo.
Se l'ortopedico ritiene che il processo di formazione del callo osseo è iniziato e non ci sono rischi di pseudoartrosi, consiglierà alcuni cicli di fisioterapia per recuperare la forza, il movimento e la coordinazione.
Gli esiti possibili sono:
  • la viziosa consolidazione (rara);
  • la limitazione funzionale (frequente), infatti gli anziani non riescono a recuperare completamente il movimento, in particolare l'elevazione del braccio.


 
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Frattura del gomito

Che cos'è la frattura del gomito?

La frattura del gomito è la rottura o lesione dell'articolazione tra omero (braccio), ulna e radio (gomito). Il gomito è un articolazione fondamentale per sollevare pesi, vestirsi, lavarsi, pettinarsi e lavorare. Le possibili lesioni si verificano a livello del capitello omerale, del capitello radiale, dell'epitroclea, intercondiloidee e sovracondiloidee.
Le fratture dell'olecrano costituiscono circa il 10% delle lesioni al gomito, riguardano principalmente gli adulti, in questo caso si può danneggiare il nervo ulnare.
Generalmente, le fratture del capitello radiale sono provocate da una caduta sulle mani in estensione, quindi il meccanismo lesivo è un trauma indiretto.
Le fratture sovracondiloidee causano uno spostamento dell'epifisi distale dell'omero detta anche paletta omerale, colpiscono spesso i bambini per traumi diretti e sono pericolose per i possibili danni al nervo radiale.
Le lesioni dei condili omerali sono piuttosto rare.

Quali sono le cause della frattura del gomito?

Le cause della frattura del gomito sono i traumi o le cadute.

Quali sono i sintomi della frattura del gomito?
  1. Dolore,
  2. Gonfiore,
  3. Rossore,
  4. Calore,
  5. Limitazione dei movimenti del gomito e del polso.



Qual'é l'esame diagnostico più indicato per la frattura del gomito?


L'esame più adatto per le fratture è la radiografia.  

Come si diagnostica la frattura del gomito?
Il medico del pronto soccorso osserva il gomito del paziente e ascolta la versione dell'incidente.
Se la radiografia mostra la lesione dell'osso allora si può fare la diagnosi di frattura del gomito.


Qual'é la terapia per la frattura del gomito?

Per le fratture composte bisogna immobilizzare il braccio in un gesso o tutore per un periodo di circa 30 giorni (15 giorni per i bambini).
In caso di frattura scomposta il chirurgo può decidire di effettuare un intervento chirurgico se il paziente è d'accordo.
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lunedì 11 marzo 2013

Frattura del ginocchio

Cosa vuol dire frattura della clavicola?


È la rottura dell’osso della clavicola, cioè quello che si trova esattamente sopra il petto. Spesso, la frattura è scomposta, cioè i due monconi non combaciano lungo la rima di frattura, ma l'incidente causa la rotazione o lo spostamento di un frammento rispetto all'altro. In caso di frattura scomposta, si vedrà a occhio nudo uno "scalino" nel punto di rottura.  

Anatomia della clavicola.

La clavicola è un osso lungo e stretto a forma di “S” che collega il manubrio dello sterno alla scapola, precisamente all’acromion. L’articolazione della spalla è la più mobile del corpo umano perché il braccio è collegato al tronco attraverso due ossa molto flessibili: la scapola e la clavicola, che sono libere di ruotare, sollevarsi e abbassarsi.
Questa mobilità comporta una minor resistenza ai traumi rispetto ad anca e bacino che sono molto più rigide, ma non si lussano facilmente.
La clavicola ha anche la funzione di proteggere:
  • i nervi del plesso brachiale che innervano la spalla e tutto il braccio;
  • i vasi sanguigni che decorrono dal cuore al braccio

Chi sono i soggetti colpiti?
La frequenza di fratture della clavicola è relativamente elevata rispetto alle altre ossa, colpisce soprattutto i giovani che praticano sport in cui è possibile cadere a terra; si vedono spesso ciclisti, sciatori, motociclisti, motocrossisti, rugbysti ecc. Il meccanismo traumatico che rompe l'osso è la caduta sulle mani, raramente la causa è un trauma diretto perché bisognerebbe atterrare tra la spalla, il petto e il mento. Durante il parto, la frattura claveare può capitare ai neonati se la nascita è difficile a causa delle dimensioni del nascituro. I bambini piccoli subiscono le fratture a legno verde, ovvero lesioni dell'osso che non coinvolgono il periostio: il rivestimento osseo.  

Quali sono i sintomi della frattura della clavicola?

I soggetti colpiti avvertono dolore insopportabile, gonfiore, rossore e calore, tipici di un infiammazione. Il movimento del braccio è quasi impossibile: ruotare, sollevare o portare indietro la spalla provoca molto dolore. I movimenti del collo possono dare fastidio perché avvengono con la contrazione del muscolo sternocleidomastoideo, che si inserisce sulla clavicola. In caso di frattura scomposta, si noterà una sporgenza ossea, soprattutto quando l'edema infiammatorio si riduce di volume.

I nervi del plesso brachiale che permettono il movimento del braccio, originano dal midollo spinale cervicale e decorrono sotto la clavicola. Se i frammenti di clavicola ledono questi nervi, si può verificare una paresi del braccio fino alle dita della mano, oltre alla perdita di sensibilità lungo l'arto superiore. I monconi ossei della frattura claveare possono lesionare un arteria o una vena, in particolare la succlavia che decorre posteriormente alla clavicola. In rarissimi casi, un frammento di clavicola penetra nel polmone causando uno pneumotorace.  



Come si arriva alla diagnosi?

La prima cosa da fare è una corretta anamnesi per capire il meccanismo di lesione. L'esame clinico mostra l'impossibilità a muoversi, i segni dell'infiammazione, l'intensità e la sede esatta del dolore Per la diagnosi serve la radiografia che mostra un infrazione oppure una rottura con due o più frammenti di osso. Clinicamente, per i primi 3 giorni il dolore è costante e molto forte, successivamente si sente solo con il movimento e la pressione. In pronto soccorso valutano lo stato di: nervi, vasi sanguigni e polmone, con gli esami strumentali indicati.  

Cosa fare? Qual è la terapia?

Nella prima fase, se la frattura è composta, è necessario un bendaggio alla "Desault" del braccio unito al torace. Se si tratta di una rottura scomposta, verrà prescritto un tutore a "8" che spinge posteriormente e in basso la clavicola per tenere vicini i due monconi. Indossare questo tutore è necessario per una corretta riparazione della clavicola, ma può causare perdite di sensibilità e formicolio nella regione ascellare e nelle dita della mano.
Di solito, quando si smette di utilizzare il tutore, questi sintomi neurologici regrediscono progressivamente in 1-2 mesi,. La Magneto Terapia a bassa frequenza aiuta la formazione del callo osseo perché stimola gli osteoblasti a depositare il calcio nell'osso e a fissarlo. Quando la frattura si consolida e la calcificazione è visibile dalla radiografia, si deve iniziare prima possibile la fisioterapia (fkt) e riabilitazione per ridare alla spalla il movimento completo, la forza muscolare pre-trauma e soprattutto per far passare il dolore.
Gli esercizi devono essere eseguiti in tutti i piani di movimento: frontale, longitudinale e orizzontale per ridare alla spalla la mobilità nei movimenti di sollevamento, depressione, rotazione, abduzione e adduzione.
L'intervento chirurgico è necessario in caso di frattura esposta, cioè con l'osso che perfora la pelle ed esce a contatto con l'esterno oppure in alcuni tipi di frattura scomposta. Se la frattura è scomposta, nella maggior parte dei casi non si opera perché la guarigione clinica avviene anche se le ossa non si rimarginano correttamente.  

Quali sono i tempi per la completa ossificazione e per ritornare all’attività quotidiana? Generalmente, un maschio giovane con frattura incompleta impiega 2 mesi per guarire, con la magneto terapia i tempi possono anche dimezzarsi. Gli adulti migliorano più lentamente, mentre per gli anziani che hanno una frattura scomposta, possono essere necessari anche 4 mesi. Se rimane dolore residuo, è consigliabile eseguire un ciclo di terapie fisiche che aumentano la vascolarizzazione e riducono i sintomi, come ad esempio la laser terapia
Gli esiti sono rappresentati principalmente dalla viziosa consolidazione, inoltre rimane un danno estetico perché si vede e si sente lo "scalino" tra i due monconi, ma non permane la limitazione funzionale.  
Chiedi un consiglio al dottore nel suo forum.


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venerdì 1 marzo 2013

Metatarsalgia



Cos'è la metatarsalgia?

Metatarsalgia significa dolore nella zona distale del piede, in corrispondenza delle ossa metatarsali, vicino alle articolazioni con le falangi prossimali delle dita. Il piede si può dividere in due regioni, quella prossimale è il retropiede che comprende il calcagno (tallone), mentre quella distale si chiama avampiede e termina con cinque ossa lunghe (metatarsi) collegate alle dita. Questa sindrome può essere accompagnata da alcune deformazioni come: l'alluce valgo, le dita a martello o il piede piatto, ma spesso compare in soggetti con piedi normali. La metatarsalgia può avere diverse origini: anatomica-biomeccanica e secondaria.


Metatarsalgia anatomica-biomeccanica

È possibile che il peso gravi su una zona ristretta dell’avampiede perché i metatarsi hanno una lunghezza diversa o sono inclinati in maniera anomala. Questo  provoca la formazione di un callo nella regione anteriore della pianta del piede oltre ad un forte dolore. Le alterazioni anatomiche possono derivare da eventi traumatici, dall’alluce valgo o dall’artrite delle ossa sesamoidi. Un’altra causa di metatarsalgia è la disidratazione e la perdita di elasticità del pannicolo adiposo che si trova nell'area plantare del piede, e funge da ammortizzatore durante la deambulazione. Per evitare il dolore della metatarsalgia, il soggetto colpito cerca un maggior appoggio sulle dita del piede, con gli anni questo può portare alla deformità delle dita a martello o a griffe.  




Metatarsalgia secondaria

La metatarsalgia può derivare anche da patologie sistemiche come il diabete che può provocare alcune ulcerazioni della pianta del piede, malattie reumatiche come la gotta o l'artrite reumatoidepatologie vascolari o infezioni (artrite settica). Non bisogna confondere la metatarsalgia con il neuroma di Morton che consiste nella degenerazione del nervo digitale. È una patologia benigna che provoca dolore nello spazio intermetatarsale tra il secondo, il terzo e il quarto metatarso. Il Neuroma di Morton causa un fastidio costante, anche durante la notte, mentre la metatarsalgia provoca dolore solo mentre si cammina.  

Quali sono i sintomi?

Generalmente il paziente riferisce un forte dolore nell’avampiede, generalmente sotto la pianta, ma può comparire anche nella regione dorsale del piede. I sintomi peggiorano camminando e alla fine di una giornata lavorativa in piedi, invece quando si sta seduti o sdraiati non provoca fastidio. Il dolore è molto intenso, quindi il paziente cerca di attenuarlo appoggiando in maniera scorretta o caricando il peso sull’altro arto inferiore; a lungo termine la posizione scorretta può dare altri sintomi come il mal di schiena.  


Come si diagnostica la metatarsalgia?

Per arrivare alla corretta diagnosi di metatarsalgia è necessario un attento esame clinico svolto da un medico che dopo aver ragionato sull’anamnesi controlla i sintomi del paziente ed eventuali segni, in questo caso cerca delle callosità. Gli esami strumentali di cui si può avvalere sono:
  1. Una radiografia per evidenziare alterazioni anatomiche o biomeccaniche.
  2. Se il dottore sospetta un neuroma di morton può prescrivere un’ecografia, infatti le lastre mostrano solamente le ossa, mentre per vedere i tessuti molli è necessario l’esame ecografico.
  3. La baropodometria è un esame che si svolge in piedi, cammiando su una pedana collegata ad un computer che misura la distribuzione del carico nelle due piante del piede. Da questi dati può risultare un eventuale squilibrio nell’appoggio del peso che può far pensare ad una metatarsalgia anatomica-biomeccanica.
Hai un dubbio, apri una discussione sul forum del dottore.



Qual è la terapia più adatta?

Gli sportivi colpiti da questa sindrome dolorosa devono concedersi un periodo di riposo o sostituire la corsa con altre attività (nuoto, ciclismo, ecc.). Per eliminare il dolore generalmente si consigliano terapie fisiche (laser CO2, ultrasuoni in immersione, ecc.) oppure terapie manuali per eliminare le tensioni che causano un cattivo appoggio. Finché non si è risolta del tutto la metatarsalgia, è necessario l’utilizzo di scarpe larghe che non esercitano una forte pressione sulla parte esterna dei metatarsi. È utile un ortesi plantare che distribuisca uniformemente il peso del corpo su tutti i metatarsi. Nei casi che non rispondono alle terapie, dopo almeno sei mesi dalla comparsa dei sintomi, si può considerare anche l’intervento chirurgico, però non sempre è risolutivo, quindi è necessario consultare un bravo ortopedico che sappia spiegare al paziente i benefici e i possibili rischi.  




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