lunedì 19 marzo 2018

Mastite alla mammella

La mastite è un'infiammazione della mammella che solitamente è causata da un'infezione.

Può capitare a qualsiasi donna, anche se è più frequente durante i primi 6 mesi dell'allattamento.

Per questo motivo la mastite è spesso una malattia giovanile.
Può causare molta stanchezza ad una neo mamma.
Se si aggiunge la malattia al dovere di prendersi
cura di un neonato, molte donne smettono del tutto l'allattamento al seno, ma è possibile continuare ad allattare.
Di solito, l'allattamento al seno aiuta a guarire l'infezione e il latte materno non fa male al bambino.
La mastite è generalmente monolaterale, ma in rari casi può essere bilaterale.
La mastite nelle donne che non allattano al seno è più frequente post-menopausa.
La mastite è una patologia molto rara nell’uomo

Tipi di mastite

Mastite acuta

Generalmente, è caratterizzata da un arrossamento, calore, dolore, durezza o gonfiore; si possono verificare febbre, inappetenza e minore produzione di latte.
Ci sono cinque tipi di mastite acuta:
  • Infiammatoria: accompagnata da irrequietezza. In questa fase non c'è nessuna infezione, quindi poche o nessuna zona gonfia per l'accumulo di latte. La terapia dovrebbe iniziare in questa fase per evitare complicazioni.
  • Di origine traumatica: dopo una caduta, colpo, shock nervoso o un parto difficile.
  • Infettiva: si inizia a produrre il pus, si formano delle zone gonfie per l'accumulo di latte e avvallamenti.
    Infezione da E-coli: il latte diventa giallo, quindi acquoso e può contenere del sangue. Bisogna agire in fretta.
  • Mastite estiva: trasportata dalle mosche, si contrae nei pressi dei boschi durante la stagione umida. Essa colpisce principalmente gli animali che non stanno allattando. Inizia sempre in modo molto brusco e interessa diverse aree. Come nella mastite causata dell'infezione di E. coli, il latte è giallo e acquoso.
  • Nelle mammelle si formano degli ascessi cronici. La secrezione degli ascessi è infetta, densa come il formaggio e ha un odore sgradevole. La fibrosi si forma molto lentamente.

Classificazione della mastite in base alla causa

  • Mastite neonatale: è un termine generico che indica una malattia del seno del neonato, come l'ipertrofia, l'ingorgo mammario, le perdite o l'infiammazione, con o senza suppurazione.
  • Mastite puberale.
  • Mastite puerperale: è una forma di mastite che si verifica dopo il parto.
  • Mastite linfocitaria: è un nodulo fibroso in cui è presente una concentrazione alta di linfociti all'interno e intorno ai lobuli, dotti e vasi sanguigni. Si tratta di una patologia che colpisce le donne affette da diabete mellito.
  • Mastite di stagnazione/seno incrostato: è un ingorgo locale che interessa uno o più lobuli della mammella e forma un nodulo doloroso nell'organo; si verifica durante i primi quattro mesi dell'allattamento a causa di infezioni da ragadi o abrasioni.

Classificazione in base al meccanismo di formazione della mastite

  • Mastite pantagruelica: è un ingrossamento patologico del seno che diventa enorme.
  • Mastite interstiziale: è un'infiammazione dello stroma della ghiandola mammaria.
  • Mastite parenchimatosa o ghiandolare: è un'infiammazione del tessuto secernente della ghiandola mammaria.
  • Mastite suppurativa: è un'infezione piogenica del seno
  • Mastite flemmonosa: è un'infiammazione del seno che porta alla formazione di un ascesso mammario, spesso è causata dallo Stafilococco aureo.
Sintomi e segni: mastodinia/mastalgia (dolore al seno) alla palpazione, febbre e leucocitosi.
Terapia: consiste nella sospensione dell'allattamento al seno per pochi giorni.


Mastite sub-acuta

La mastite sub-acuta è caratterizzata dalla persistenza di noduli, seno gonfio e talvolta riduzione della produzione di latte.
Può essere di due tipi:
  1. Infettiva. È la continuazione o convalescenza di una mastite acuta. La terapia raccomandata in questa fase ha due scopi: uno curativo, per liberare la mammella dall'infezione e l'altro preventivo, per evitare una recidiva o una lesione cronica al seno.
  2. Clinica: non è mai passata attraverso la fase acuta, lo stato di salute generale non sembra influenzato, ci sono soltanto dei noduli senza gonfiore.
    Questo tipo di mastite è abbastanza frequente fra le donne che sono già state trattate con antibiotici per sopprimere la fase acuta.
    Nonostante la mitezza dei sintomi, se questa mastite non è curata può portare a recidive ripetute con la presenza di stafilococchi e un livello elevato di leucociti.

Mastite sub-clinica

I sintomi sistemici o locali sono pochi o del tutto assenti, ma una formula leucocitaria elevata è dovuta a un'infezione da stafilococchi.

Mastite cronica

Dopo che si sono verificate numerose recidive della mastite alla mammella, si possono avere: gonfiore, indurimenti, danni al seno, infiammazione nodulare al capezzolo, diminuzione nella produzione del latte.
La mastite cronica si divide in:
  • Mastite tubercolare: causata dall'infezione da Mycobacterium tuberculosis
  • Mastite luetica: causata dall'infezione da Treponema pallidum (ulcerazione nella sifilide primaria; mastite acuta nella sifilide secondaria; nella sifilide terziaria serve una diagnosi differenziale con il carcinoma alla mammella).
  • Mastite periduttale o plasmacellulare: è una malattia del seno caratterizzata da un'infiltrazione dello stroma del seno con le plasmacellule e una proliferazione delle cellule che rivestono i dotti, eventualmente collegate a un'ectasia del dotto mammario.
  • Mastite carcinomatosa
    La mastite carcinomatosa è un carcinoma invasivo o infiltrante che coinvolge i linfonodi cutanei. È un tumore piuttosto raro.
    Questo è il motivo per cui la pelle è infiammata e ha un aspetto a buccia d'arancia.
    Tra i segni e i sintomi c'è la cute rossa, gonfia e dolorosa al tatto.


Quali sono le cause della mastite?

Spesso, la mastite è causata da un accumulo di latte nel seno poiché questo è prodotto più velocemente rispetto a quanto si rimuove (stasi del latte).
La stasi del latte si può verificare quando il bambino non sta assumendo abbastanza latte dal seno quando si nutre. Questo può accadere perché il bambino non si attacca correttamente.
Se il bambino non riesce ad attaccarsi bene al seno, può causare dolore al capezzolo e può causare difficoltà nell'allattamento.
Questo può causare un ingorgo, una stasi del latte e poi la mastite.
Se il bambino preferisce un seno rispetto all'altro, si può sviluppare la mastite.

Altre cause della stasi del latte che portano alla mastite:

  • Un'ingorgo che non torna alla normalità, forse perché il bambino ha dormito tutta la notte.
  • Un'alimentazione in cui c'è un lungo intervallo tra i pasti.
  • Una pressione sul seno causata dall'abbigliamento, uno spallino del reggiseno stretto, la posizione in cui si dorme o una cintura di sicurezza.
  • Una ferita al seno.
Talvolta, la stasi del latte può peggiorare e trasformarsi in una mastite infettiva.
Questo può accadere in caso di rottura del capezzolo.
Un'infezione si può diffondere attraverso la crepa del capezzolo nel sistema linfatico del seno.
Le probabilità di sviluppare la mastite sono maggiori se si diventa madre per la prima volta, ma anche le mamme con un'esperienza precedente di allattamento al seno possono sviluppare la malattia.
La mastite si può verificare in un momento qualsiasi durante l'allattamento al seno. Tuttavia, è più frequente nei primi tre mesi, specialmente nella seconda o terza settimana quando la madre si sta abituando all'allattamento al seno.
La mastite è stata collegata ai bambini che hanno avuto l'allattamento dal biberon. Entrambi potrebbero interferire con il tempo che il bambino trascorre attaccato al seno e con il modo di nutrirsi.
Se il bambino ha l'anchiloglossia può avere problemi di aggancio al capezzolo.


Sintomi della mastite al seno

La mastite può causare alcuni sintomi del tumore al seno, delle cisti al seno o del fibroadenoma, ma ci sono alcune differenze.
Con la mastite, i segni e i sintomi possono apparire all'improvviso e possono comprendere:
  • Dolore al seno o calore al tatto;
  • Uno stato di malessere;
  • Seno gonfio;
  • Dolore o una sensazione di bruciore continuo durante l'allattamento;
  • Arrossamento della pelle, spesso in una forma di cuneo;
  • Febbre a 38,3°C o superiore.

Anche se la mastite si presenta solitamente nelle prime settimane dell'allattamento al seno, si può verificare in un momento qualsiasi durante l'allattamento. La mastite causata dall'allattamento tende a interessare un solo seno, non entrambi.

domenica 18 marzo 2018

Nodulo al seno - trattamento

Se c’è un nodulo
La presenza di un nodulo nelle mammelle è molto frequente e la maggior parte delle volte si tratta di una situazione benigna (cisti, fibroadenomi).
Tuttavia, la più frequente delle modalità di presentazione del TDS è proprio la scoperta, da parte della donna, di un nodulo.
Ogni nodulo di nuovo riscontro deve essere sottoposto al più presto alla valutazione del chirurgo esperto di senologia, che saprà proporre gli approfondimenti più opportuni e predisporre l’iter più corretto.
La cosa più importante è la definizione della natura (benigna o maligna) del nodulo.
La diagnosi
Si affida a diversi mezzi: anzitutto la visita senologica, che può dare una quantità di informazioni utili, altrimenti non rilevabili.
Quindi, gli esami strumentali (ecografia, mammografia, risonanza magnetica): ognuno di questi fornisce una sorta di punto di vista. L’integrazione di più punti di vista porta frequentemente ad una diagnosi sufficientemente precisa.
Esami più invasivi (agoaspirato, agobiopsia, biopsia escissionale) permettono la raccolta di materiale biologico che può essere esaminato al microscopio.

Se il nodulo è maligno
La diagnosi di malignità del nodulo impone il ricorso a un programma di terapia complesso, alla cui progettazione contribuiscono, assieme alla paziente, numerosi specialisti; l’impegno collegiale di tutte le figure professionali necessarie consente di offrire alla paziente la soluzione migliore, ritagliata sulle caratteristiche particolari del tumore e della paziente stessa.
Un passo dopo l’altro la paziente verrà guidata e assistita lungo un percorso non facile, ma che consentirà di riacquistare lo stato di salute e la fiducia in se stessa.
Attualmente, la base di partenza della terapia del TDS è l’intervento chirurgico di asportazione della parte di ghiandola malata, con l’esame del linfonodo sentinella, e un ciclo di radioterapia sulla porzione di ghiandola mammaria rimasta. La sigla usata è QUART + BLS (quadrantectomia, radioterapia + biopsia del linfonodo sentinella).
Lo scopo è di asportare il tumore e le eventuali cellule migrate nei linfonodi dell’ascella, e di uccidere con le radiazioni ogni residuo di cellule maligne eventualmente presente nella porzione di ghiandola rimasta, con il minimo sacrificio possibile. Si è, infatti, visto che un intervento limitato dà le stesse garanzie di guarigione che erano assicurate dagli interventi molto demolitivi in uso fino a non molti anni fa.
Perché una quadrantectomia sia eseguibile, è necessario che il tumore abbia delle caratteristiche di crescita adatte e delle dimensioni adatte. L’intervento deve, perciò, essere molto personalizzato.


Terapia per un piccolo nodulo al seno

Alcune cisti scompaiono con il tempo o dopo il ciclo mestruale, quindi non serve una terapia.
Un nodulo benigno si può trattare completamente, ma la terapia per il tumore al seno maligno è molto difficile.
Di seguito si elencano alcune terapie per il nodulo al seno.

Le terapia della mastite si può effettuare con degli antibiotici.
Nelle donne affette da cancro al seno si eseguono dei cicli di chemioterapia ed eventualmente l'operazione chirurgica di asportazione di una parte del seno (quadrantectomia).
La maggior parte dei tumori al seno si verifica nel quadrante superiore esterno del seno.


Gli interventi chirurgici
Prima di un intervento chirurgico, è opportuno ottenere la diagnosi citologica o istologica: quando questo non è possibile, il primo atto dell’intervento deve essere l’invio di un campione al laboratorio per l’esame istologico estemporaneo: l’intervento può proseguire solo dopo la conferma istologica che si tratta di un tumore maligno.
Gli interventi chirurgici sono di due categorie: quelli che comportano la conservazione della mammella (interventi conservativi) e quelli che comportano l’asportazione di tutta la mammella (mastectomie).
Entrambe le categorie hanno intento radicale, cioè sono indirizzate a rimuovere totalmente la malattia locale.
Gli interventi conservativi, seguiti da radioterapia, hanno la stessa efficacia degli interventi ampiamente demolitivi in uso nel passato.
Durante un intervento conservativo, l’esame estemporaneo (nel corso dell’intervento) del pezzo, da parte dell’anatomopatologo, è necessario per stabilire se il tumore infiltra la ghiandola apparentemente sana: infatti, l’intervento deve essere radicale, cioè non lasciare tessuto tumorale.
La quantità di tessuto mammario che è necessario asportare dipende:
•    dal tipo di tumore;
•    dalle dimensioni e dalla posizione del tumore nell’ambito della mammella;
•    dalla quantità di “margine libero” (ghiandola non infiltrata dal tumore) richiesta per la radicalità;
•    dalle dimensioni della mammella.
Gli interventi conservativi e le mastectomie possono essere associati alla biopsia del linfonodo sentinella o alla linfoadenectomia ascellare (asportazione dei linfonodi dell’ascella).
Interventi conservativi
Tumorectomia
E’ un intervento limitato alla semplice asportazione della porzione di ghiandola che contiene il tumore, assieme ad una porzione di circostante di ghiandola non infiltrata. La cute può essere compresa nell’asportazione, se il tumore è molto superficiale.
E’ indicato in situazioni particolari, come i tumori a lenta crescita della quarta età o quando le caratteristiche biologiche del tumore lo consentono.
Quadrantectomia
Questo è attualmente l’intervento conservativo più praticato ed è stato messo a punto per la prima volta in Italia. E’ indicato nei tumori di piccole dimensioni, quali quelli individuati negli screening mammografici.
Consiste nell’asportazione di un ampio settore di ghiandola mammaria con la cute soprastante e la fascia del muscolo grande pettorale al di sotto della ghiandola. La quadrantectomia viene effettuata con un’incisione cutanea a losanga con asse maggiore radiale.
Per i tumori posti subito dietro l’areola (retroareolari), è necessario asportare un cilindro di tessuto comprendente l’areola, il tumore e la fascia del muscolo pettorale.
L’asportazione del parenchima mammario deve includere i dotti galattofori compresi fra il tumore e il capezzolo.
Perifericamente è sufficiente un margine di 2 cm.

Noduli al seno - diagnosi e testiomonianza di una paziente

I noduli al seno sono un disturbo frequente e possono avere diverse cause.
Anche se la maggior parte dei noduli non provoca il carcinoma alla mammella, le alterazioni insolite della ghiandola mammaria dovrebbero essere controllate da un medico appena possibile

Ci sono diversi tipi di noduli benigni al seno.

A seconda del tipo possono avere un aspetto o una consistenza diversi.


Presenza di un nodulo
• Verificare i caratteri :dimensioni in cm consistenza più o meno dura, margini netti o sfumati ,mobilità rispetto al piano profondo muscolo- scheletrico e alla cute (dimpling)
• Ricercare eventuale fluttuazione se il nodulo si pensi sia una cisti (in tal caso si procede subito con l’agocentesi)

Esame clinico essenziale
• Simmetria mammella in posizione eretta
• Palpazione in posizione seduta e distesa
• Identificare presenza di noduli
• Esaminare la cute,l’areola e l’ascella
• Esaminare il capezzolo e provocare eventuali secrezioni


Testimonianza di un paziente

1. Mantenere la calma, cercare di essere lucide perché un nodulo al seno non significa necessariamente un tumore maligno.
2. Non perdere tempo e prenotare una mammografia ed ecografia velocemente (qualche settimana di attesa, non di più).
3. Fare la biopsia nel caso vi sia un dubbio sulla malignità del tumore. A volte, come nel mio caso, vi propongono l'ago aspirato. Che differenza c'è? L'ago aspirato vi dirà semplicemente se il vostro tumore è maligno o benigno. Per avere altre informazioni più approfondite sulla tipologia di tumore che vi ha colpito, bisognerà attendere l'intervento di rimozione del tumore e il successivo esame istologico.
Nel caso della biopsia, invece, si preleva del tessuto. In  questo modo  è possibile ricavare più informazioni sul tumore rispetto a quelle che si ottengono con l'ago aspirato. Ecco perchè il mio consiglio è di scegliere sempre la biopsia, se è possibile.
4. Andare dal medico di base e dirgli cosa vi sta accadendo e chiedergli dove si trova il centro di cura dei tumori più vicino a voi. 
5. Se potete, scegliete sempre un istituto specializzato nella cura dei tumori, che vi permetta di essere seguiti nella fase iniziale dal chirurgo (che appartenga ad una c.d. brest unit) e nella fase successiva, dall'oncologo senologo.
Ripeto, chirurgo ed oncologo devono essere senologi, ovvero occuparsi solo di tumore al seno!
Il chirurgo deciderà se:
A) togliervi solo il tumore (tumorectomia)
B) fare una quadrantectomia (togliere un quadrante del seno)
C) fare la mastectomia (togliere il seno)
Se il chirurgo ha in mano la biopsia (anziché l'ago aspirato) avrà più informazioni sul vostro tumore e quindi potrà consigliarvi meglio su quale intervento scegliere.
Se si tratta di quadrantectomia, potete anche chiedere che vi rendano "simmetrico" anche l'alltro seno. Avrete quindi due seni più simili.
6. Preparate una lista di domande da fare al chirurgo prima dell'intervento e poi all'oncologo dopo l'intervento e non abbiate mai paura di fare domande idiote.
7. Una volta fatto l'intervento, dovrete attendere 15 gg circa aver avere i risultati dell'esame istologico. Una volta ritirato, dovete rivolgervi all' oncologo. Ripeto ancora, cercate un oncologo senologo. E' fondamentale che abbia qualche anno di esperienza ma anche i giovani sono pignoli e competenti.

Grado dei tumori



Qual è il grado del tumore?

Lo stadio tumorale è la descrizione di un carcinoma basata sull'analisi al microscopio delle cellule e del tessuto anomalo. Indica la velocità con cui un tumore cresce e diffonde.

Se l'organizzazione tissutale e le caratteristiche delle cellule tumorali sono simili a quelle del tessuto normale, il tumore è detto "ben differenziato".
Questo tumore cresce e si diffonde più lentamente rispetto ai tumori "indifferenziati" o "scarsamente differenziati" che hanno delle cellule anomale e hanno alterato la struttura del tessuto normale.
I medici assegnano un “grado” numerico alla maggior parte dei tumori in base a queste differenze che si notano al microscopio.
I fattori utilizzati per determinare il grado del tumore possono variare a seconda del tipo di cancro.
Il grado del tumore non è lo stadio tumorale.
Lo stadio si riferisce alla dimensione e/o misura (1 cm di diametro ad esempio) del tumore originale (primario) e stabilisce se le cellule tumorali si sono diffuse nel corpo.
Lo stadio del cancro si basa su dei fattori come per esempio la localizzazione e le dimensioni del tumore primario,  il coinvolgimento dei linfonodi sentinella (la diffusione del tumore ai linfonodi vicini) e il numero di neoplasie presenti.


Classificazione del grado dei tumori

I sistemi di classificazione dipendono dal tipo di cancro.
In generale, i tumori sono classificati come grado 1, 2, 3 o 4 a seconda dell'estensione dell'anomalia.
Nei tumori di grado 1, le cellule e l'organizzazione del tessuto tumorale sono simili a quelle normali. Questi carcinomi crescono e si diffondono lentamente.
Al contrario, le cellule e i tessuti dei tumori di grado 3 e 4 sono molto diverse da quelli normali.
I tumori di grado 3 e 4 crescono e si diffondono più rapidamente rispetto a quelli di grado inferiore.
Se non si specifica il sistema di classificazione per un tumore, generalmente si utilizza il seguente:
  • GX: il grado non può essere valutato (grado indeterminato);
  • G1: ben differenziato (basso grado);
  • G2: moderatamente differenziato (grado intermedio);
  • G3: scarsamente differenziato (alto grado);
  • G4: indifferenziato (alto grado).

sabato 17 marzo 2018

Fibroadenoma - diagnosi e terapia

Diagnosi del fibroadenoma

Di solito, si effettua una valutazione tripla che prevede:
1. Esame clinico: palpazione del seno e dell'ascella.
2. Esami strumentali: mammografia che è la radiografia al seno. Questa può mostrare delle microcalcificazioni che possono indicare il cancro quando si sviluppano nelle zone di proliferazione delle cellule.
Il 10-15% dei tumori non è localizzato con la mammografia.

L'ecografia utilizza delle onde sonore ad alta frequenza per analizzare il tessuto mammario. L'eco dalle onde sonore è convertito in un'immagine. L'ecografia mammaria può distinguere tra noduli solidi e liquidi.


Cisti o fibroadenoma: sintomi, diagnosi e cura
Con il termine “nodulo” s’intende un bersaglio ben definibile da un punto di vista clinico, ecografico e mammografico, anche se resta comunque una valutazione aspecifica, fine a se stessa.
Infatti, regola n°1: quando a seguito di una visita senologica o di un esame Rx mammografco ed Ecografico, vengono individuati uno o più noduli non bisogna pensare subito ad un carcinoma. Anzi, esiste una notevole differenza tra noduli cistici (o fibroadenoma) e solidi, come pure tra noduli solidi maligni noduli solidi benigni.
noduli che il più delle volte vengono individuati, non sono tumori maligni, ma sono identificati come fibroadenomi, ossia formazioni benigne, frequenti soprattutto nelle donne giovani (20-40 anni).

Per fibroadenoma s’intende una massa fibrosa che può essere avvertita o meno al tatto, presentando comunque caratteristiche inconfondibili, come i contorni lisci e regolari, nonchè una forma tonda, una durevolezza consistente, spesso dolente alla palpazione, ma in particolar modo mobile tra le dita tanto da venir definito dagli anglosassoni “Breast mouse” (il topolino della mammella).
[Si tenga presente che non necessariamente un fibroadenoma mammario debba presentarsi tutte con queste caratteristiche contemporaneamente, la non dolorabiltà o la non netta delineazione dei margini, non debbono escludere tale diagnosi]
La classificazione del fibroadenoma utilizzata è la seguente:
C5: reperto positivo per cellule tumorali maligne (tappeto di cellule tumorali inequivocabilmente maligne, già riconoscibile a piccolo ingrandimento) con predittività positiva pressoché assoluta (> 99%);
C4: reperto sospetto, con indicazione perentoria alla biopsia chirurgica;

C3: reperto dubbio, lesione probabilmente benigna, ma presenza di atipie;
C2: reperto negativo per cellule tumorali;
C1: reperto inadeguato per un giudizio diagnostico (prelievo su focolaio di microcalcificazioni probabilmente benigne in mammella adiposa).


Terapia

Per eliminare un fibroadenoma al seno è necessario un intervento chirurgico, ma spesso si decide di non operare visto che il tumore benigno non è una minaccia nella maggior parte dei casi e per questo l’intervento risulta spesso superfluo. L’intervento risulta superfluo soprattutto se la diagnosi ha confermato che si tratta di un fibroadenoma semplice.
I fibroadenomi semplici possono addirittura ridursi o scomparire con l’avanzare dell’età quindi l’intervento esporrebbe la paziente ad un rischio inutile. I fibroadenomi semplici sono dei tumori benigni non infiltrativi e non metastatizzanti e che mantengono dimensioni ridotte.
L’intervento chirurgico si effettua solo se dagli esami risultano dei dubbi sulla benignità della massa del fibroadenoma. Se la massa ha delle anomalie l’intervento risulta necessario soprattutto se si tratta di un fibroadenoma complesso valutato come pericoloso.
Il fibroadenoma si elimina con una lumpectomia o tramite una biopsia escissionale. Si procede con una piccola incisione e all’asportazione del nodulo. Una volta prelevato viene sottoposto ad accurata analisi in laboratorio e se ne viene confermata la malignità si procederà con la lumpectomia.
In seguito saranno necessari anche dei cicli di chemioterapia e radioterapia e in alcuni casi anche un secondo intervento. La lumpectomia è un intervento invasivo, ma che a volte risulta necessario per scongiurare rischi peggiori per la salute.
Un altro metodo è la crioablazione che prevede l’utilizzo di una criosonda che congela i tessuti sospetti. Lo shock termico provoca la morte delle cellule tumorali. La procedura si svolge in anestesia locale, ma non consente di analizzare la massa sospetta che dopo il congelamento non viene asportata.
La terapia a ultrasuoni  è un altro metodo per il trattamento del fibroadenoma. Le onde a ultrasuoni ad alta intensità vanno a distruggere le cellule tumorali, ma anche in questo caso la procedura non consente di analizzare il tessuto tumorale.

Prognosi per il fibroadenoma al seno

In genere il fibroadenoma mammario è innocuo e ha prognosi positiva. Nonostante i rischi siano ridotti è comunque consigliabile tenerlo sotto controllo sottoponendosi periodicamente a dei controlli diagnostici. Questo perché possono insorgere alcune forme di fibroadenoma complesso che potrebbero mutare in un tumore al seno maligno.
Se pensi di avere un fibroadenoma al seno contatta subito il tuo medico. Non bisogna mai sottovalutare i noduli o i fibroadenomi del seno perché potrebbero rappresentare un pericolo anche serio per la salute. Fare l’autopalpazione periodicamente è un buon metodo per scoprire in tempo i cambiamenti del seno che potrebbero essere pericolosi per la salute. Una diagnosi precoce è fondamentale per avere una prognosi positiva.




Fibroadenoma alla mammella

Il fibroadenoma è un tumore al seno benigno formato sia dal tessuto ghiandolare mammario sia dal tessuto stromale (connettivo).

Fibroadenoma. Compare nelle donne giovani soprattutto tra i 20 e i 25 anni. È una lesione comune, ben circoscritta e indipendente dal tessuto mammario circostante; talora è multiplo. La crescita sembra essere favorita dagli estrogeni come nel caso della displasia mammaria (le due lesioni possono essere perciò associate): nel corso della gravidanza possono aumentare di volume. Il diametro è in genere variabile da 1 a 3 cm; per diametri superiori a 5-6 cm si parla di fibroadenoma gigante. Sono tumori misti sebbene la componente prevalente sia quella fibrosa; se il tessuto fibroso cresce intorno ai dotti si parla di fibroadenoma pericanalicolare (il tumore è in tal caso particolarmente duro); se il tessuto fibroso cresce all'interno dei dotti causando una loro distorsione si parla di fibroadenoma intracanalicolare (il tumore è in tal caso più soffice e voluminoso).
L'aspetto clinico e l'ecografia sono in genere significativi per cui non è quasi mai necessaria una biopsia a scopo diagnostico.
Il trattamento prevede l'escissione del fibroadenoma a causa della sua tendenza a crescere e per un'ulteriore conferma diagnostica. Si può soprassedere alla chirurgia se il diametro è inferiore a 2 cm o se il reperto è da lungo tempo stazionario purché si eseguano controlli clinici periodici con eventuale mammografia.

Il fibroadenoma, è un nodulo assolutamente benigno e pertanto una sua eventuale asportazione chirurgica viene usualmente e preferibibilmente differita ad allattamento terminato.
L’indicazione alla asportazione chirurgica viene attualmente posta, non tanto in base alle dimensioni assolute, come avveniva in un recente passato in cui si assumeva come soglia 2 cm, quanto piuttosto in base alla tendenza all’accrescimento più o meno rapido rispetto al primo momento dell’osservazione o in base ad eventuali valutazioni di natura estetica o di fastidio/dolore soggettivo.
Avendo infine terminato l’allattamento circa una settimana fa, è consigliabile attendere almeno altri 15 giorni, compatibilmente con le liste di attesa, prima di sottoporsi all’intervento, che ad ogni modo non comprometterà un futuro allattamento.
Circa infine la sensazione di tensione e di gonfiore e le secrezioni che ha notato recentemente, e che potrebbero tra l’altro proseguire anche a lungo, presumibilmente rientrano nei normali processi di “assestamento” mammario, fatte salve eventuali evoluzioni, in termini di arrossamento, vivo dolore e febbre, che vanno valutate direttamente.

mercoledì 14 marzo 2018

Dolore mammario in gravidanza - menopausa e con l'ovulazione

A molte donne capita talvolta di sentire un indolenzimento al seno in quella che è scientificamente conosciuta come mastalgia. Ciò avviene specialmente in prossimità dell’arrivo del primo giorno di ciclo mestruale o durante la gravidanza. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un disturbo naturale per il quale non è necessario preoccuparsi troppo.
È stato verificato che la percentuale di donne che soffre di dolore al seno si aggira intorno all’80%. Nel periodo delle mestruazioni nel corpo femminile aumenta notevolmente il livello di estrogeni. Proprio questo innalzamento, infatti, provoca la sgradevole sensazione di indolenzimento al seno. Esso può manifestarsi in modo più o meno forte a seconda del soggetto interessato.
Questa condizione può rivelarsi molto fastidiosa e influenzare negativamente l’umore. Scopriamo meglio di cosa si tratta e come fronteggiarla con l’aiuto di ingredienti naturali e rimedi casalinghi semplici ed economici.


Il dolore al seno si manifesta frequentemente qualche giorno prima dell’ovulazione e\o durante la mestruazione, molte donne riferiscono di sentire i seni più duri e dolenti e questo è facilmente imputabile alle modificazioni ormonali del ciclo ovarico.
È altrettanto vero che questo disturbo è spessissimo il primo sintomo della gravidanza, e la mancata mestruazione è il segno che ne da’ conferma.
La ghiandola mammaria inizia la sua modificazione proprio durante il primo trimestre di gestazione, sotto l’effetto del progesterone i seni si modificano in dimensione e consistenza.
Anche i capezzoli variano notevolmente: tendono a estroflettersi e possono risultare più sensibili. L’areola, la zona attorno al capezzolo, cambia di tonalità, si fa più scura, può aumentare di dimensione e alcune donne notano dei piccoli rigonfiamenti in questa zona. Sono i tubercoli di Montgomery, importantissimi poiché rilasciano una sostanza sebacea che rende elastica e morbida la pelle del capezzolo e dell’areola stessa preparandoli alla futura suzione del bambino (tutte le preparazioni del capezzolo in gravidanza sono superflue, il nostro corpo sa già cosa deve fare! Non strofinatevi i capezzoli col guanto di crine di cavallo, lasciamo agli equini i loro capelli!)

Dolore alla mammella

L'espressione "dolore al seno" si utilizza comunemente per indicare una generica dolorabilità alle mammelle. Tipico delle donne, il dolore al seno è un sintomo estremamente soggettivo, variabile da una semplice tensione mammaria ad un dolore acuto, intenso e penetrante.
Scientificamente definito mastodinìa, il dolore al seno preoccupa (spesso in misura eccessiva) le donne: non è infatti un caso che oltre la metà delle visite senologiche venga prenotata proprio a causa di un generico dolore al seno. Oltre alla causa che la provoca, la mastodinìa può assumere connotazioni differenti in base alla percezione soggettiva del dolore.
A causa delle sue implicazioni psico-fisiche, la mastodinìa mette a dura prova la tranquillità della paziente, risultando uno dei dolori più emblematici per il mondo femminile. Di fatto, le pazienti finiscono spesso con l'abbinare un particolare ed inconsueto dolore al seno a condizioni morbose a dir poco catastrofiche: erroneamente, molte donne tormentate da un dolore mammario sono convinte di essere colpite da una forma neoplastica (tumore) quando, in realtà, il sintomo potrebbe essere il semplice risultato di un'alterazione ormonale.
Ad ogni modo, per la serenità della donna, si consiglia sempre una visita di controllo da uno specialista, che potrà redigere una corretta diagnosi e prescrivere la terapia più indicata.
Obiettivo di quest'articolo è conoscere un po' più da vicino questo problema, analizzandone i sintomi e dandone una prima interpretazione.

















Tratto da https://www.my-personaltrainer.it/benessere/dolore-al-seno.html



Dolore non significa per forza tumore

Il dolore al seno (mastodinia o mastalgia) è un sintomo molto frequente sia nelle donne in età fertile sia in menopausa. Nel primo caso è la sintomatologia tipica della sindrome premestruale: è un dolore ciclico e compare qualche giorno prima dell’arrivo delle mestruazioni, comunemente si accompagna a tensione o gonfiore della ghiandola mammaria. Può manifestarsi con una semplice sensazione di pesantezza, come un dolore sordo e continuo oppure si può presentare con fitte pungenti e trafittive, tipo stilettata. Di norma si risolve spontaneamente durante i primi giorni del flusso, di pari passo anche la tensione e il gonfiore si attenuano fino a scomparire. In alcune pazienti il dolore può presentarsi anche in concomitanza dell’ovulazione. La sintomatologia dolorosa può insorgere o accentuarsi anche con l’assunzione della pillola anticoncezionale, in questo caso di solito cessa nel giro di qualche mese o cambiando tipo di pillola.


martedì 6 marzo 2018

Siti della galassia fisioterapiarubiera

Quando ho iniziato il mio progetto editoriale ho creato una serie di siti in italiano e soprattutto nelle lingue straniere:

http://www.fisioterapiareggio.com/
http://www.fisioterapiapertutti.com/
www.fisioterapiarubiera.com

Visto il successo del primo sito italiano ho pensato di continuare così
Naturalmente ci sono le pagine facebook, google + e pinterest.
Ci sono tonnellate di testo da leggere e ricordate: non diamo informazioni, ma spiegazioni e soluzioni!