domenica 18 marzo 2018

Nodulo al seno - trattamento

Se c’è un nodulo
La presenza di un nodulo nelle mammelle è molto frequente e la maggior parte delle volte si tratta di una situazione benigna (cisti, fibroadenomi).
Tuttavia, la più frequente delle modalità di presentazione del TDS è proprio la scoperta, da parte della donna, di un nodulo.
Ogni nodulo di nuovo riscontro deve essere sottoposto al più presto alla valutazione del chirurgo esperto di senologia, che saprà proporre gli approfondimenti più opportuni e predisporre l’iter più corretto.
La cosa più importante è la definizione della natura (benigna o maligna) del nodulo.
La diagnosi
Si affida a diversi mezzi: anzitutto la visita senologica, che può dare una quantità di informazioni utili, altrimenti non rilevabili.
Quindi, gli esami strumentali (ecografia, mammografia, risonanza magnetica): ognuno di questi fornisce una sorta di punto di vista. L’integrazione di più punti di vista porta frequentemente ad una diagnosi sufficientemente precisa.
Esami più invasivi (agoaspirato, agobiopsia, biopsia escissionale) permettono la raccolta di materiale biologico che può essere esaminato al microscopio.

Se il nodulo è maligno
La diagnosi di malignità del nodulo impone il ricorso a un programma di terapia complesso, alla cui progettazione contribuiscono, assieme alla paziente, numerosi specialisti; l’impegno collegiale di tutte le figure professionali necessarie consente di offrire alla paziente la soluzione migliore, ritagliata sulle caratteristiche particolari del tumore e della paziente stessa.
Un passo dopo l’altro la paziente verrà guidata e assistita lungo un percorso non facile, ma che consentirà di riacquistare lo stato di salute e la fiducia in se stessa.
Attualmente, la base di partenza della terapia del TDS è l’intervento chirurgico di asportazione della parte di ghiandola malata, con l’esame del linfonodo sentinella, e un ciclo di radioterapia sulla porzione di ghiandola mammaria rimasta. La sigla usata è QUART + BLS (quadrantectomia, radioterapia + biopsia del linfonodo sentinella).
Lo scopo è di asportare il tumore e le eventuali cellule migrate nei linfonodi dell’ascella, e di uccidere con le radiazioni ogni residuo di cellule maligne eventualmente presente nella porzione di ghiandola rimasta, con il minimo sacrificio possibile. Si è, infatti, visto che un intervento limitato dà le stesse garanzie di guarigione che erano assicurate dagli interventi molto demolitivi in uso fino a non molti anni fa.
Perché una quadrantectomia sia eseguibile, è necessario che il tumore abbia delle caratteristiche di crescita adatte e delle dimensioni adatte. L’intervento deve, perciò, essere molto personalizzato.


Terapia per un piccolo nodulo al seno

Alcune cisti scompaiono con il tempo o dopo il ciclo mestruale, quindi non serve una terapia.
Un nodulo benigno si può trattare completamente, ma la terapia per il tumore al seno maligno è molto difficile.
Di seguito si elencano alcune terapie per il nodulo al seno.

Le terapia della mastite si può effettuare con degli antibiotici.
Nelle donne affette da cancro al seno si eseguono dei cicli di chemioterapia ed eventualmente l'operazione chirurgica di asportazione di una parte del seno (quadrantectomia).
La maggior parte dei tumori al seno si verifica nel quadrante superiore esterno del seno.


Gli interventi chirurgici
Prima di un intervento chirurgico, è opportuno ottenere la diagnosi citologica o istologica: quando questo non è possibile, il primo atto dell’intervento deve essere l’invio di un campione al laboratorio per l’esame istologico estemporaneo: l’intervento può proseguire solo dopo la conferma istologica che si tratta di un tumore maligno.
Gli interventi chirurgici sono di due categorie: quelli che comportano la conservazione della mammella (interventi conservativi) e quelli che comportano l’asportazione di tutta la mammella (mastectomie).
Entrambe le categorie hanno intento radicale, cioè sono indirizzate a rimuovere totalmente la malattia locale.
Gli interventi conservativi, seguiti da radioterapia, hanno la stessa efficacia degli interventi ampiamente demolitivi in uso nel passato.
Durante un intervento conservativo, l’esame estemporaneo (nel corso dell’intervento) del pezzo, da parte dell’anatomopatologo, è necessario per stabilire se il tumore infiltra la ghiandola apparentemente sana: infatti, l’intervento deve essere radicale, cioè non lasciare tessuto tumorale.
La quantità di tessuto mammario che è necessario asportare dipende:
•    dal tipo di tumore;
•    dalle dimensioni e dalla posizione del tumore nell’ambito della mammella;
•    dalla quantità di “margine libero” (ghiandola non infiltrata dal tumore) richiesta per la radicalità;
•    dalle dimensioni della mammella.
Gli interventi conservativi e le mastectomie possono essere associati alla biopsia del linfonodo sentinella o alla linfoadenectomia ascellare (asportazione dei linfonodi dell’ascella).
Interventi conservativi
Tumorectomia
E’ un intervento limitato alla semplice asportazione della porzione di ghiandola che contiene il tumore, assieme ad una porzione di circostante di ghiandola non infiltrata. La cute può essere compresa nell’asportazione, se il tumore è molto superficiale.
E’ indicato in situazioni particolari, come i tumori a lenta crescita della quarta età o quando le caratteristiche biologiche del tumore lo consentono.
Quadrantectomia
Questo è attualmente l’intervento conservativo più praticato ed è stato messo a punto per la prima volta in Italia. E’ indicato nei tumori di piccole dimensioni, quali quelli individuati negli screening mammografici.
Consiste nell’asportazione di un ampio settore di ghiandola mammaria con la cute soprastante e la fascia del muscolo grande pettorale al di sotto della ghiandola. La quadrantectomia viene effettuata con un’incisione cutanea a losanga con asse maggiore radiale.
Per i tumori posti subito dietro l’areola (retroareolari), è necessario asportare un cilindro di tessuto comprendente l’areola, il tumore e la fascia del muscolo pettorale.
L’asportazione del parenchima mammario deve includere i dotti galattofori compresi fra il tumore e il capezzolo.
Perifericamente è sufficiente un margine di 2 cm.

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