mercoledì 27 febbraio 2013

Dolore muscolare


Che cosa provoca il dolore musculare?
La lesione muscolare è la rottura di tutte o una parte di fibre del muscolo, è conosciuta anche come distrazione o strappo muscolare.
Lo stiramento o elongazione è frequente negli sportivi, è provocato da un allungamento delle fibre muscolari oltre il limite fisiologico, è un alterazione solo funzionale del muscolo e del tono muscolare. La rottura o interruzione del muscolo si ha quando la maggior parte delle fibre è lesa. Le lesioni muscolari possono essere gli esiti di un trauma diretto se il muscolo viene colpito da una forza che proviene dall'esterno (per esempio, un contrasto nel calcio), il danno è maggiore se il muscolo è contratto. Il crampo è uno spasmo, cioè una contrazione involontaria, violenta ed improvvisa della muscolatura striata. La fibromialgia o sindrome da fatica cronica è una patologia che causa dolore muscolare diffuso, in particulare a livello del tronco.

Nel trauma indiretto, invece, non c'è nessuna forza esterna, semplicemente il muscolo non riesce a far fronte ad un allungamento passivo troppo rapido (un calcio a vuoto può ledere gli ischio-crurali: bicipite femorale, semimebranoso e semitendinoso) o ad una brusca contrazione di un muscolo rilassato.
Gli sportivi più colpiti sono quelle che praticano: calcio, football americano, corsa nelle distanze brevi, salto, baseball e culturismo.

I muscoli che si ledono più di frequente sono negli arti inferiori, in particolare il tricipite surale (gastrocnemio e soleo), gli ischio-crurali (muscoli posteriori della coscia) e il quadricipite, mentre negli arti superiori il bicipite brachiale e il deltoide sono i più interessati.
È quasi impossibile vedere in ambulatorio un paziente con una lesione dei muscoli della schiena o addominali.
Il dolore lombare e soprattutto la lombosciatalgia possono essere causate da contratture muscolari.
Per la mia esperienza, generalmente il danno è localizzato vicino alla giunzione mio-tendinea, solo una piccolissima percentuale dei casi circa avviene nel ventre del muscolo.
Una lacerazione delle fibre muscolari comporta una rilevante fuoriuscita di sangue, un ematoma che nei casi meno gravi resta circoscritto all'interno del muscolo, mentre nei casi più importanti si forma un ematoma perché il muscolo è abbondantemente vascolarizzato.




Quali sono le Cause?
I motivi che portano a una lesione possono essere tanti: squilibri muscolari, inadeguato riscaldamento, basso livello di allenamento, deficit di elasticità, precedenti lesioni muscolari, fatica dovuta spesso al troppo allenamento seguito da un carente recupero.


Quali sono i segni e i sintomi?
Nel momento in cui il muscolo si lesiona, il dolore è pungente come una coltellata e si avverte il rumore di qualcosa che si è strappato. Per i prime 10 minuti è possible continuare a giocare perché a caldo il dolore non si avverte, ma appena ci si ferma il muscolo si gonfia e il dolore diventa insopportabile.
Sull’area lesa compare un ematoma di dimensioni variabili in base all a grandezza dello strappo.
Il muscolo lesionato appare gonfio e il movimento è molto doloroso.
Se lo strappo avviene agli arti inferiori, per i primi 2/3 giorni il dolore è costante non si riesce a camminare e si zoppica vistosamente.
Dopo i primi giorni, il dolore si avverte solo con la contrazione del muscolo e lo stretching, ma a riposo non si sentono i sintomi.
L'intensità del dolore è proporzionata alle dimensioni della lesione.
Una rottura totale di un muscolo causa la comparsa di una deformità come ad esempio il braccio di popeye in cui il muscolo si retrae e forma un rigonfiamento.
Alla palpazione si sente un avvallamento a livello della lesione.
Uno stiramento muscolare non provoca lesioni di fibre muscolari, quindi il dolore è meno pungente. Generalmente, il paziente non zoppica, ma avverte fastidio con l'attività fisica e lo stretching.



Come si arriva alla diagnosi?
Per la diagnosi bisogna rivolgersi al medico, l'esame più indicato è l'ecografia che mostra la lesione e l'ematoma che si è sviluppato.
Apri una discussione sul forum del Dr. Defilippo per qualunque dubbio.

Cosa Fare? Il Trattamento
In caso di contrattura si esegue massaggio, esercizio blando e stretching per riportare il tono muscolare a livelli normali. In pochi giorni l’atleta può riprendere gli allenamenti.
In caso di lesione anatomica il trattamento nelle prime 24/48 ore consiste nel riposo, ghiaccio e tenere la gamba in alto.
Generalmente i medici consigliano farmaci miorilassanti e analgesici, questi ultimi sono preferibili agli antinfiammatori (FANS) perché il processo flogistico post lesione è un meccanismo fisiologico di riparazione del corpo umano che non va fermato con queste medicine.
La prognosi è positiva se l’atleta starà lontano dal campo per un tempo variabile a seconda della grandezza della lesione, si va da una settimana a due mesi.
I calciatori professionisti a volte utilizzano il fattore di crescita per guarire in tempi più rapidi.
Per quanto riguarda gli strappi il muscolo chiude la lesione formando un esito fibroso cicatriziale, cioè un tessuto connettivo meno elastico del muscolo.
Laser, Tecar e ultrasuoni terapia possono essere utili per chiudere prima la lesione, ma bisogna controllare di non avere controindicazioni a questi trattamenti.
Il principio della contrazione eccentrica è che la lesione avviene generalmente con questo meccanismo, quindi bisogna abituare il muscolo a resistere in queste condizioni caratterizzate dal lavoro anaerobico.
Se il muscolo è immobilizzato, la cicatrice si forma con le fibre disposte in tutte le direzioni, se invece si mantiene in movimento il muscolo, le fibre del tessuto connettivo neoformato avranno una disposizione secondo le linee di forza e saranno più elastiche.
Per evitare di riprendere gli allenamenti e le gare troppo presto, si consiglia un indagine ecografica di controllo al termine del ciclo di terapie, se la lesione non è stata chiusa non bisogna cessare la fisioterapia perché si corre il rischio di aumentare la gravità del problema.
Se l'ecografia documenta la regolare evoluzione verso la stabilizzazione della lesione, significa che la lesione è stata risolta.
A questo punto l'ematoma e l'edema dovrebbero essere già riassorbiti, in caso contrario si possono riprendere comunque gli allentamenti in maniera graduale.
A volte, se lesione non viene trattata subito, oltre all'ematoma "fluido", si può formare un ematoma consolidato (come un grumo di sangue) che necessita di più tempo per risolversi.
Nei casi di rottura completa del muscolo bisogna rivolgersi al chirurgo perché può essere necessario un intervento.

   
Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista
Tel 0522/260654
Defilippo.massimo@gmail.com
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lunedì 25 febbraio 2013

Artrosi vertebrale



Che cos'è?

Spondiloartrosi vuol dire semplicemente artrosi della colonna vertebrale.
È caratterizzata da alterazioni degenerative delle strutture osteo-legamentose, articolari e discali.
L’età e l'ereditarietà sono le cause primarie della spondiloartrosi, oltre a: disfunzioni ormonali, obesità e alcuni fattori ambientali come il tipo di lavoro. Invecchiando, il contenuto acquoso del nucleo polposo diminuisce, quindi gradualmente perde la sua funzione di ammortizzatore, finché il peso corporeo grava completamente sull’anulus fibroso.
Questo processo provoca la riduzione degli spazi intersomatici vertebrali e aumenta il rischio di protrusione o ernia del disco, cioè frammenti di disco che si spostano dalla loro sede e vanno a comprimere le radici spinali o il midollo spinale.
Un appianamento o riduzione della fisiologica lordosi cervicale può causare un artrosi precoce perchè il carico grava su una superficie più ristretta, quindi in quest'area la cartilagine si usura.



È fondamentale capire che quando si legge nel referto della risonanza o radiografia il termine rettilinizzazione cervicale, non significa che questa è la causa del fastidio. 
Anche l'iperlordosi non può essere causa di dolore, tranne in rarissimi casi molto gravi.
L’eventuale pressione sulle radici nervose è accompagnata da sintomi radicolari.
Per capire meglio cosa succede, bisogna pensare che l’osso non è una realtà statica, ma si modifica lentamente per tutta la vita, anche nell’età adulta, se questo non succedesse, non potremmo guarire dalle fratture.
Un fenomeno tipico è l’Osteosclerosi subcondrale, cioè un addensamento di tessuto osseo nelle zone di maggiore carico, alternato a quadri di rarefazioni ossee: "cavità pseudocistiche o geodi".
Esiste un tipo di spondilo-artrosi meno frequente a carico delle articolazioni vertebrali apofisarie, nella parte posteriore della colonna.
In questo caso, la cartilagine situata tra due vertebre adiacenti tende a diventare sottile per colpa dell’usura. In genere la spondilosi provoca dolore al collo e alla zona occipitale.
Questa patologia colpisce quasi esclusivamente il tratto cervicale e lombare, cioè le zone più mobili del rachide.



Il trattamento

L’artrosi è una patologia cronica e degenerativa, chi ne è affetto non può guarire con le attuali terapie, ma può eliminare i sintomi.
Questa patologia è asintomatica nella maggior parte dei pazienti, infatti ci sono persone molto anziane che non sentono dolore, nonostante abbiano l’artrosi in tutto il corpo, anche in stadio avanzato.
Può capitare che il movimento, tanti microtraumi o semplicemente il carico prolungato del peso corporeo, causino l’infiammazione dell’articolazione e quindi la limitazione articolare.
La cura può essere farmacologica con analgesici o antinfiammatori prescritti dal medico. Per la riduzione del dolore, il trattamento più indicato è il calore, in particolare la laserterapia perché risolve la flogosi dell’articolazione.

La terapia più indicata per togliere la rigidità muscolare è il massaggio terapeutico unito alla mobilizzazione passiva e allo stretching del collo, ovvero della colonna vertebrale cervicale.
Il pompage e le trazioni sono tecniche che mettono in tensione la cervicale. Queste terapie possono velocizzare la guarigione perché "allungano" il collo, migliorando la circolazione tra le vertebre, ma bisogna stare attenti ad eventuali osteofiti a becco che potrebbero comprimere le radici spinali. L'artrosi se non viene curata può provocare un fastidio cronico, ci sono pazienti che ne soffrono per decine di anni.
Fai una domanda al dottore sul suo forum.

Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista Tel 0522/260654 
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sabato 23 febbraio 2013

Torcicollo

Che cos'è il torcicollo?

Torcicollo vuol dire: un forte dolore al collo causato da una posizione non fisiologica prolungata per molto tempo (per esempio una persona che tiene il collo piegato o ruotato per un ora). Tutti pensano che il torcicollo sia causato da un colpo di freddo, ma non è così.
Generalmente, il paziente arriva in ambulatorio con la testa ruotata e inclinata verso il lato non doloroso e spesso è anche lievemente piegata in avanti.
Il torcicollo colpisce prevalentemente i bambini e gli adolescenti, ma è possibile incontrare degli adulti e anziani con questo problema. Non si tratta di un'infiammazione perché la cervicale non è infiammata, ma c'è uno spasmo o contrattura muscolare che fissa le vertebre e non le lascia ruotare e inclinare da un lato.

Esistono forme più gravi di torcicollo che possono essere di tipo congenito o acquisito, tra cui ricordiamo la più frequente: Il torcicollo congenito miogeno è una malformazione caratterizzata dalla retrazione del muscolo sterno-cleido-mastoideo su un solo lato, ne consegue che il capo mantiene una posizione di inclinazione laterale dal lato colpito e di rotazione dal lato opposto.




Quali sono i sintomi?

È un disturbo che provoca una forte limitazione del movimento in una direzione, solitamente quando si ruota il capo, ma nei giovanissimi tende a scomparire spontaneamente nell’arco di alcuni giorni. L'esordio è acuto, generalmente compare al mattino appena svegli con forte intensità, la rigidità tende a migliorare con il passare del tempo, ma negli adulti può rimanere a lungo. Se si prova a ruotare il collo verso il lato doloroso, il dolore è insopportabile.



Come si arriva alla diagnosi?
Per gli adolescente e i giovani, la radiografia e la risonanza magnetica è inutile perché l'appuntamento viene fissato dopo la scomparsa dei sintomi che in genere avviene in pochi giorni.

Il medico controllerà l'anamnesi del paziente, cercherà altri sintomi concomitanti e proverà la palpazione del collo. Con i test muscolari si riuscirà a capire se si tratta di torcicollo durante la visita. Negli adulti e negli anziani, lo specialista potrebbe prescrivere degli esami strumentali come la lastra o la Rmn, ma solo se ha dei sospetti durante l'esame clinico.

Cosa fare? Qual'è la terapia più adatta?
 In questi casi mettere un collare rigido non serve. Per velocizzare la guarigione, si possono eseguire tutte le terapie previste per la cervicalgia posturale (borsa dell’acqua calda, massaggio terapeutico) anche in fase acuta. Personalmente ho avuto ottimi risultati dalla prima seduta con il trattamento mckenzie, prima con la mobilizzazione passiva del fisioterapista, poi con esercizi attivi del paziente.
Chiedi spiegazioni al dr. Defilippo nel suo forum.
 


Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista Tel 0522/260654 Defilippo.massimo@gmail.com P. IVA 02360680355
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venerdì 22 febbraio 2013

Fratture, composte,scomposte ecc.



Introduzione e classificazione

Si definiscono fratture le soluzioni di continuità nell'osso, conoscerle è fondamentale per prevedere la prognosi e il tempo necessario per riprendere le attività quotidiane e sportive. Si suddividono in
  • composte se sono incomplete o se i due monconi di osso combaciano dopo la rottura, quindi l'urto non ha spostato o ruotato uno rispetto all'altro.
  • scomposte nel caso in cui i frammenti di osso sono a contatto con superfici non complementari, quindi dopo il trauma una parte è scivolata o si è girata rispetto all'altra.
  • esposte se la frattura è scomposta e l'osso ha perforato anche la pelle, quindi è uscito dalla sua sede anatomica finendo a contatto con l'esterno.
Il caso più pericoloso è l'ultimo perché se un moncone osseo rimane a contatto con l'esterno è probabile che si sviluppi un'infezione.
Le ossa si possono fratturare a causa di un trauma diretto, cioè che avviene tra l'agente traumatico e la zona colpita oppure per trauma indiretto, cioè il paziente subisce una botta su un distretto corporeo e le forze si scaricano lungo il corpo fino a lesionare un osso distante.
Il caso tipico di frattura indiretta è quella della clavicola dopo una caduta a terra sulle mani, mentre per trauma diretto si vede spesso la lesione della rotula dopo una caduta sul ginocchio. Un altra suddivisione importante delle fratture è tra: lesione per compressione o per strappamento. Nel primo caso ci sono i crolli vertebrali tipici dell'anziana signora con l'osteoporosi in cui le vertebre hanno una scarsissima densità ossea e quindi si schiacciano sotto il peso del corpo.



Le fratture da strappamento sono tipiche dello sportivo che durante una distorsione della caviglia subisce il distacco parcellare del malleolo ad opera del robusto legamento peroneo-astragalico anteriore o posteriore. L'interruzione di continuità in un osso può essere unica oppure si possono sviluppare diversi focolai, ovviamente la seconda opzione è la più grave.


Nei bambini, spesso si incontrano sono le cosidette fratture "a legno verde", cioè l'interruzione è solo a carico del tessuto osseo interno, che è il rivestimento esterno (periostio) rimane intatto.
I maratoneti, calciatori, cestisti, pallamanisti e in generale tutti gli sportivi a livello agonistico possono sviluppare delle fratture da stress, ovvero la somma di tante sollecitazioni e urti può lesionare un osso.
Hai avuto una frattura? Chiedi nel forum del Dr. Defilippo tutto quello che vuoi sapere.



Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista
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Artrosi del ginocchio

L'artrosi del ginocchio è un processo di degenerazione articolare che colpisce quest'articolazione.
Il primo stadio è la fissurazione o riduzione della cartilagine. 
La gonartrosi coinvolge tutte le strutture che lo compongono: ossa, menischi, membrana sinoviale, capsula articolare, legamenti e muscoli.

Riguarda principalmente gli
anziani perché per consumare lo spesso strato di cartilagine tra femore, tibia e rotula servono molti anni. I fattori predisonenti sono gli stessi delle condropatie. 

L'artrosi interessa prevalentemente l'anca (coxartrosi) e il ginocchio, quest'ultimo affligge una donna su quattro e più del 10% dei maschi oltre i 65 anni, spesso insorge in soggetti che lo hanno sforzato troppo o in modo scorretto. 

Si parla di patologia cronico-degenerativa perché non tende a risolversi positivamente, anzi invecchiando si va verso l'impotenza funzionale e addirittura un blocco articolare. Con la progressione della gonartrosi, l'osso reagisce con dei tentativi di riparazione e di aumento della superficie articolare:
  • al posto della cartilagine lesionata si formano degli osteofiti cioè becchi di osso;
  • addensamenti ossei vicino al periostio;
  • profondamente a questi hanno origine le cavità geodiche (zone a minor densità ossea).

È una patologia che risente molto delle condizioni climatiche; il dolore può presentarsi a causa del freddo e dell'umidità. 
In certi casi, l'artrosi può essere considerata una malattia professionale: per esempio chi utilizza il martello pneumatico (mani, gomito, spalle); i camionisti (colonna vertebrale lombare); chi lavora in ufficio al computer (cervicale).  



Sintomi e Segni

 L'artrosi può evolvere dal primo al quarto stadio, all'inizio il dolore al ginocchio compare solamente con il carico, ma con l'evoluzione della patologia, può dare dolore anche a riposo, a sedere oppure a letto.
Il movimento può essere limitato dagli osteofiti o dal gonfiore che è provocato dall'eccesso di produzione di liquido sinoviale.


Durante la giornata, il periodo più doloroso è al mattino quando l'articolazione è fredda, durante la giornata tende a diminuire, ma si riacutizza dopo uno sforzo e quando ci si rialza dopo essere stati fermi per almeno mezz'ora.
Generalmente, i soggetti sintomatici avvertono dolore durante la
deambulazione, inoltre i passi si accorciano e i pazienti zoppicano.

Il clima umido e il freddo possono far peggiorare il quadro clinico in poche ore, infatti, chi soffre di artrosi “sente quando cambia il tempo”.
Solitamente, i pazienti tengono in tensione i muscoli della coscia come meccanismo spontaneo di difesa, questo aumenta il dolore perché causa
contratture muscolari.

Negli ultimi stadi dell'artrosi si avvertono scrosci articolari durante il movimento.  


Diagnosi dell'artrosi al ginocchio


Per i pazienti anziani, lo specialista controlla accuratatamente l'anamnesi, svolge un esame obiettivo per capire se presentano sintomi e segni caratteristici, successivamente prescrive una radiografia in piedi

Le lastre di un ginocchio artrosico mostrano un'avvicinamento femoro-tibiale o femoro-rotuleo, inoltre sulle superfici articolari si possono notare gli osteofiti e le cavità geodiche. Nel caso in cui ci sia l'indicazione di una protesi, l'ortopedico può prescrivere una TAC o una RMN.
Può capitare di confondere la gonartrosi con una sciatalgia, cruralgia o sindrome del piriforme, perché il paziente si concentra sul dolore al ginocchio durante la deambulazione, quindi è opportuno indagare anche su eventuali sintomi alla coscia e/o alla schiena.
L'artrosi non provoca necessariamente dolore, ma alcune volte, si infiamma causando tutti i sintomi tipici.


Qual'è la terapia? 

Da questa patologia non si può guarire, ma si può controllare eliminando il dolore e il gonfiore dell'articolazione. 
La prima cosa da fare è il risparmio articolare, cioè evitare le attività che sovraccaricano di più l'articolazione. 
Chi pratica sport come il calcio o il tennis dovrebbe fermarsi.
Considerando l'età, è più probabile che il paziente faccia delle semplici passeggiate, anche in questo caso è meglio sospendere un paio di giorni. 
Generalmente, i medici consigliano di dimagrire per caricare un peso minore sul ginocchio, ma è un rimedio che richiede molto tempo ed è difficile da attuare. 

Il dottore può prescrivere dei farmaci antinfiammatori per la fase acuta, ad es. il paracetamolo o dei FANS (antinfiammatori non steroidei), ma questi ultimi hanno molte controindicazioni, quindi non si possono assumere per lunghi periodi. 

La fisioterapia è un ottima cura con pochissime controindicazioni, le terapie fisiche più indicate sono la Laser terapia, la Tecar terapia e la magneto terapia. 
Il medico può decidere di effettuare le infiltrazioni di acido ialuronico all'interno dell'articolazione che servono per lubrificare e ridurre l'attrito. 
La durata dell'effetto della terapia è proporzionato al grado di avanzamento dell'artrosi, negli ultimi stadi potrebbero essere necessari due cicli di terapie all'anno, mentre in caso di patologia al primo stadio, il dolore può scomparire per alcuni anni. 
Nella gonartrosi avanzata, se tutte le terapie non invasive hanno fallito e il dolore è molto forte, la soluzione più efficace è l'intervento chirurgico; prima si tenta la chirurgia artroscopica per rimuovere i corpi estranei nell'articolazione (cartilagine degenerata) e per regolarizzare le lesioni meniscali se presenti. 
Successivamente si prende in considerazione l'intervento di artro-protesi per sostituire l'articolazione. Se l'osso in cui vanno impiantate è solido, la protesi si inserisce semplicemente nell'osso e si applica una sostanza collosa, mentre nel caso di anziani con ossa particolarmente fragili, si cementa la protesi.
Se il soggetto con gonartrosi è giovane, bisogna valutare l'allineamento dell'articolazione. Se il ginocchio è varo o valgo, il contatto tra le ossa avviene in un area ristretta e la cartilagine tende a diventare più sottile in maniera non omogenea.

In questo caso alcuni ortopedici preferiscono intervenire con un osteotomia per correggere il difetto. Se è possibile, l'ortopedico inserisce una protesi monocompartimentale, cioè in un solo osso del ginocchio: mediale, laterale o femoro-rotuleo. 
Oggi, i progressi della ricerca scientifica hanno permesso di creare delle "mini" protesi, cioè con l'intervento si sostituisce solo la superficie dell'articolazione, senza penetrate molti centimetri all'interno dell'osso.
Il protocollo da seguire nella riabilitazione dev'essere concordato con il medico in base a:
  • il tipo di protesi impiantata;
  • alla tecnica chirurgica applicata;
  • alla presenza di esiti cicatriziali.
Generalmente il ricovero dura 7-10 giorni dall'intervento, ma nel caso di riprotesizzazione, il tempo di permanenza in ospedale è maggiore. 
In questo periodo, la riabilitazione è fondamentale, il paziente deve riuscire ad alzarsi dal letto e camminare autonomamente con i bastoni canadesi prima di essere dimesso. 
La mobilizzazione passiva e attiva dev'essere iniziata fin dai primi giorni, bisogna lavorare sull'articolazione dell'anca e della caviglia per rafforare la coscia e il polpaccio. 
Quando il paziente torna a casa, deve continuare la riabilitazione per circa 2-3 mesi prima di poter ritornare alla normale vita quotidiana.

In caso di protesi cementata, si può caricare sull'arto operato tutto il peso corporeo anche dopo pochi giorni dall'intervento perché non si deve attendere il tempo necessario alla fissazione dell'impianto.
Se la protesi non è cementata dopo pochi giorni è concesso solo il carico sfiorante, poi gradualmente si arriva al carico completo.    
Chiedi aiuto al dr. Defilippo nel suo forum.


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giovedì 21 febbraio 2013

Kinesio-taping

Che cos'è?

Il kinesio taping è un bendaggio elastico che agisce a livello meccanico e fisiologico. Questo metodo è legato al movimento (kinesi) da qui nasce il nome Kinesio-taping. È una tecnica che si basa sul fenomeno di auto-guarigione del corpo tramite la stimolazione della circolazione e delle terminazioni nervose.
I muscoli hanno il compito di muovere il corpo, inoltre devono favorire la circolazione dei fluidi venosi e linfatici, controllare la temperatura corporea, etc.

Le sue caratteristiche principali sono:
  • Stabilità: Kinesio Tape ha un azione di supporto delle articolazioni e dei muscoli che non si esaurisce in breve tempo.
  • Confortevole : il Kinesio può essere indossato anche da pazienti con cute molto sensibile e il bendaggio non si avverte durante il giorno.
  • Praticità: è resistente all'acqua e si può tenere per 3-4 giorni, 24 ore su 24.
  • Efficacia : Il taping garantisce i risultati terapeutici perché si basa su principi fisici.

Com'è nato?

Il Dr. Kenzo Kase era un chiropratico specializzato presso la prestigiosa National University of Health Sciences di Chicago. Negli anni 70, Kase sviluppò il tape, cioè un bendaggio con consistenza ed elasticità molto simili alla pelle.
Secondo la medicina occidentale, il blocco di un osso di un’articolazione non può essere risolto. Invece, il Dr. Kase tentò di correggere le distorsioni con questo tipo di trattamento.
Innanzitutto, provò ad applicare tutti i tipi di bendaggio disponibili in commercio sino a quel momento, ma con nessuno di questi ottenne i risultati voluti, quindi provò un approccio più muscolare.
Cercò di sviluppare un bendaggio con la stessa elasticità di un muscolo normale che rimanesse applicato sulla cute a lungo.
Kase riuscì finalmente a sviluppare un tape con un’adeguata elasticità e in grado di sollevare la cute.
Nacque così il Kinesio Tape, con caratteristiche basate sullo studio della chinesiologia. La prima volta che venne utilizzato in ambito internazionale fu nelle Olimpiadi di Seul del 1988, con la Nazionale Giapponese di Pallavolo. Oggi esso è utilizzato con successo da fisioterapisti, massaggiatori, preparatori atletici e altri operatori sanitari.


A cosa serve?

La tecnica ha otto principali effetti fisiologici:
  1. Corregge la funzione muscolare. Una caratteristica importante di questo bendaggio è la capacità di inibire o facilitare la contrazione muscolare (a seconda della tecnica utilizzata), ripristinando la corretta tensione muscolare.
  2. Migliora la circolazione linfatica. Il drenaggio linfatico è favorito dalle convoluzioni che avvengono a livello cutaneo, Il tape solleva la cute durante i movimenti del corpo. Il Kinesio Taping funge da pompa accelerando la circolazione linfatica.
  3. Migliora la circolazione sanguinea. Favorisce il drenaggio di edemi ed ematomi.
  4. Riduce il dolore. Diminuisce la pressione e l'irritazione sui recettori cutanei, inoltre il ripristino dell'attività linfatica favorisce l'attenuazione neurologica del dolore.
  5. Assiste nella correzione e l'allineamento dell'articolazione. Kinesio taping corregge la dislocazione di un'articolazione causata da una eccessiva tensione muscolare.
  6.  Riduce l'infiammazione, favorisce il riassorbimento di edemi ed ematomi perché migliora la circolazione linfatica e sanguigna.
  7. Ha la capacità di sostenere, scaricare o detendere il muscolo in disfunzione.
  8. Stabilizza le articolazioni, dà un importante stimolo propriocettivo per proteggere tendini e legamenti, di conseguenza aiuta nel mantenere una corretta postura.



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mercoledì 20 febbraio 2013

Artrosi

Che cos'é?

L’artrosi è una malattia cronica-degenerativa e irreversibile delle articolazioni. 
Nella prima fase provoca la fissurazione ed erosione della cartilagine, successivamente causa l’alterazione delle ossa con la formazione di becchi (osteofiti) e l’alterazione della densità di calcio nell’osso. 
La cartilagine è un tessuto morbido, plastico e deformabile, composto principalmente da acqua, collagene e fibre elastiche, serve per ridurre l’attrito tra le ossa durante il movimento e ha la funzione di ammortizzare gli urti. 

Il difetto del tessuto cartilagineo è la scarsa vascolarizzazione, il sangue nutre solo la superficie esterna, da qui le sostanze giungono alle cellule (condrociti) con il fenomeno della diffusione che è lento e poco efficace. 
A causa della scarsa irrorazione sanguigna, la cartilagine non può rigenerarsi o ripararsi, quindi se viene danneggiata potrà solo accelerare la comparsa dell’artrosi. 
Questa patologia colpisce prevalentemente gli anziani e gli adulti, si può definire l’invecchiamento delle articolazioni, ma in certi casi ho visto dei trentenni con i segni dell’artrosi nelle radiografie.

Le articolazioni più colpite sono:

L’artrosi può essere primaria o idiopatica, cioè non ci sono cause apparenti che la provocano, oppure secondaria ad altre patologie o traumi: fratture, lussazioni ecc.
L'artrosi è tra i disturbi muscolo-scheletrici più frequenti che vede il medico, si calcola che ci siano circa 4 milioni di soggetti in italia con questa malattia. 

L’artrosi nasce dall'usura della cartilagine nella zona di maggior sovraccarico, questo processo stimola le cellule cartilaginee a produrre nuove fibre di collagene, ma queste molecole saranno sottili e disposte in maniera scompaginata, cioè non parallela tra loro.
I condrociti generano degli enzimi che disfano e danneggiano ulteriormente la cartilagine rimasta finché questa si fissura o si buca. 
L’osso risponde formando degli osteofiti nella regione più esterna dell’articolazione, ovvero dei becchi di osso che avrebbero il compito di aumentare la superficie articolare per distribuire il peso su un’area maggiore.



Quali sono le cause?
La causa principale dell’artrosi primaria non è stata scoperta con certezza, ma gli studi scientifici effettuati provano che ci sono molti fattori predisponenti:
  • Età: l’artrosi è l’invecchiamento dell’articolazione, questo processo inizia intorno ai 30 anni e continua tutta la vita, anche se con grosse differenze tra le persone.
  • Deformità congenite o acquisite: per avere un consumo minimo della cartilagine il peso dovrebbe essere scaricato uniformemente su tutta l’articolazione, ma spesso si concentra su certe aree come nel caso del varismo o valgismo del ginocchio, la dismetria degli arti inferiori, la scoliosi, la malattia di Legg-Perthes-Calvè (Osteocondrosi della testa femorale), il morbo di Scheuermann (Osteocondrosi vertebrale giovanile), malattia di Blount (Tibia vara).
  • Lussazioni e fratture comportano un periodo di immobilizzazione che è deleterio perché causa un minor nutrimento della cartilagine e quindi un atrofia.
  • Displasia, in particolare nell’anca dove la testa del femore non aderisce bene all’acetabolo del bacino perché i legamenti e la capsula articolare sono lassi e quindi le due ossa scorrono in maniera non uniforme favorendo l’usura della cartilagine.
  • Obesità, soprattutto nelle articolazioni sulle quali grava il peso corporeo, per esempio il ginocchio, infatti un maggior peso esercitato causa un usura precoce del tessuto cartilagineo.
  • Tra i possibili fattori di rischio ci sono alcune patologie metaboliche come il diabete mellito e la gotta, nelle donne il calo di estrogeni che avviene con la menopausa provoca un accelerazione della patologia.
  • L’artrosi professionale riguarda determinati lavori che provocano sovraccarico funzionale: l’artrosi vertebrale riguarda quasi tutti i camionisti e trasportatori, quella dell’arto superiore (spalla, gomito e mano) interessa i muratori che utilizzano il martello pneumatico, ecc.

Quali sono i sintomi?
Il sintomo più importante è sicuramente il dolore, si avverte durante i movimenti e nella prima mezz’ora dopo il risveglio, ma quando l’artrosi è all’ultimo stadio si avverte anche a riposo e durante la notte.
Spesso, Le articolazioni sono edematose o gonfie, i movimenti diventano sempre più limitati dal dolore e dall’infiammazione
È presente uno scroscio articolare, il paziente riferisce come se avesse della sabbia dentro. 
Dato che l’artrosi è una patologia cronica e degenerativa, negli ultimi stadi della malattia può diventare invalidante con un dolore insopportabile, per esempio un soggetto con gonartrosi (artrosi del ginocchio) o coxartrosi (artrosi dell’anca), sarà costretto a utilizzare le stampelle. I sintomi dell’artrosi compaiono dopo i 45 – 50 anni nell’uomo e dopo i 55 nella donna.
Il paziente riferisce un peggioramento dei sintomi quando cambia il tempo, in particolare il dolore si risveglia in primavera per i continui mutamenti climatici e l’umidità.  

Come si fa la diagnosi dell’artrosi?
La diagnosi può essere esclusivamente clinica, cioè basata sulla visita del medico, se lo ritiene opportuno può prescrivere la radiografia che è l’esame strumentale più adatto.
 La lastra è l’esame che mostra lo stato delle ossa e dell’articolazione meglio degli altri, anche se non mostra i tessuti molli come la cartilagine. 
Dalla radiografia si vede la riduzione della rima articolare, ovvero se le ossa sono più vicine, inoltre vengono evidenziate le alterazioni ossee: osteofiti, sclerosi della spongiosa subcondrale, cavità geodiche (zone con minor densità di calcio) ecc. 

Gli specialisti che si occupano di questo disturbo sono il fisiatra e l’ortopedico, quest’ultimo può intervenire chirurgicamente se necessario. 



Cosa fare? Qual è la terapia?
Ci sono diverse terapie per l’artrosi, la migliore è quella che associa:
  • la prevenzione;
  • il controllo del dolore;
  • la fisioterapia;
  • l’eliminazione dei fattori di rischio, quando possibile.
La dieta è fondamentale nel trattamento dell'artrosi lombare o dell’arto inferiore perché sono i tratti scheletrici che risentono del peso corporeo.

L’alimentazione che favorisce la conservazione dell’articolazione è povera di grassi, fritti e alcolici, ma ricca di frutta e verdura. 
I farmaci controllano il dolore nella prima fase della patologia, ma se l’assunzione di antinfiammatori diventa regolare si può provocare un disturbo gastrico come l’ulcera
Se si sottopone l’articolazione a stress continui a causa di attività sportive o lavorative è consigliabile ridurre il sovraccarico o rimanere a riposo. 
La fisioterapia serve per risolvere il dolore, l’infiammazione e l'edema.
In base all’articolazione colpita ci può essere l’indicazione per diverse terapie: per il ginocchio si ottengono ottimi risultati con la LaserTerapia e la Magnetoterapia, l’anca si tratta con la TecarTerapia che penetra più in profondità, mentre per la mano si effettuano gli impacchi di paraffina
Ogni terapia fisica (laserterapia, magnetoterapia, tecarterapia ecc.) dovrebbe essere accompagnata dalla fisiokinesiterapia, ovvero esercizi che favoriscono il mantenimento del tono muscolare e riducono la rigidità articolare. 
Per l’artorsi cronica dell’arto inferiore può essere utile l’idrokinesiterapia, cioè l’attività motoria in piscina, ma è difficile che un anziano possa accettare volentieri questa terapia, quindi in molti casi non viene effettuata. 
Fai una domanda al dr. Defilippo nel forum.

Gli anziani possono utilizzare dei busti o corsetti per scaricare il peso dalle vertebre lombari al bacino, in questo caso il tutore dev’essere rigido con le stecche metalliche.
Se tutte queste misure non fossero sufficienti, l’ortopedico può consigliare l'intervento chirurgico, l’impianto di una protesi di ginocchio o di anca restituisce una buona qualità di vita al paziente, se è adulto e sportivo può tornare a correre.      


Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista
Tel 0522/260654
Defilippo.massimo@gmail.com
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martedì 19 febbraio 2013

Lussazione di spalla

Cos’è la lussazione?

La lussazione consiste nel distacco del braccio dalla spalla, la definizione è la perdita completa e permanente dei rapporti articolari tra la cavità glenoidea della scapola e la testa dell’omero. Spesso, i pazienti entrano in ambulatorio dicendo: "mi è uscita la spalla".
Colpisce soprattutto i giovani e gli adulti tra i 20 e i 40 anni, raramente interessa gli anziani e i bambini. La stragrande maggioranza delle lussazioni avvengono nei soggetti di sesso maschile.
La lussazione più comune è quella anteriore, in cui l’omero si sposta davanti alla glena della scapola.
Quando succede, il soggetto avverte un dolore trafittivo, molto intenso e non riesce a muovere il braccio.
È fondamentale recarsi subito al pronto soccorso per far ridurre la lussazione dall’ortopedico, se ciò avviene dopo 24 ore può compromettere il futuro utilizzo della spalla.
Il paziente si presenta sorreggendo il braccio lussato con quello sano ed ha una spalla visibilmente deformata.



Nella sublussazione i capi articolari perdono i rapporti reciproci in maniera incompleta e temporanea, non è necessaria la riduzione perché la situazione tende a ritornare alla normalità con il tempo.  

 

Premessa anatomica
Radiografia di spalla normale ridotta dopo lussazione.

L’articolazione della spalla è la più complessa del corpo umano e permette all’omero di muoversi in tutti i piani di movimento: sagittale, frontale e orizzontale. Questa libertà di movimento è possibile perché l’articolazione gleno-omerale lavora in sinergia con il complesso formato da scapola e clavicola. La giuntura dell’Anca, tra femore e bacino, pur permettendo il movimento su tutti i piani, permette movimenti più limitati della spalla. La testa dell’omero è circondata dalla cavità glenoidea solo per il 30% circa della sua superficie. Per mantenere il braccio unito al tronco sono necessari mezzi di unione capsulo-legamentosi e muscolari, questo rende molto più facile il distacco tra le due ossa rispetto alla giuntura dell’anca in cui il femore è inserito per il 70% nell’acetabolo.    


Qual è la causa?

Tac di un paziente con lussazione della spalla, l'omero è uscito dalla glena e si trova al di sotto della sua sede anatomica.

Generalmente la causa di lussazione è un trauma indiretto come una caduta con le mani davanti. I soggetti più colpiti sono sportivi che praticano rugby, sci e hockey. Raramente si vedono spalle lussate a causa di un trauma diretto o un contrasto. La causa può essere anche la lassità dei legamenti perché questo comporta una minore stabilità dell’articolazione. Infine alcuni pazienti presentano lesioni capsulo-legamentose e degenerazione dei tendini che quindi non riescono a fornire la necessaria pressione della testa dell’omero verso le glena.

Quali sono i segni e i sintomi?

La testa dell’omero è visibilmente spostata dalla sua zona anatomica, quindi si può apprezzare il “segno della spallina” cioè l’acromion sembra spostato verso l’esterno rispetto al braccio.
A seguito del trauma la spalla si presenterà con edema, rossore e calda, segni tipici di infiammazione. Il paziente avverte un dolore alla spalla insopportabile e non riesce a muovere il braccio.



Come si effettua la diagnosi?

Per diagnosticare la lussazione di spalla è necessario un esame clinico che consiste nella raccolta dell’anamnesi, l’osservazione e la palpazione della spalla alla ricerca di segni tipici di lussazione: deformazione dell’articolazione della spalla, acromion sporgente e rigidità in ogni movimento del braccio. Se i sintomi sono quelli tipici di questo infortunio, l’ortopedico può chiedere la conferma radiografica.  



Cosa fare? Qual è la terapia adatta?

La prima cosa da fare è la riduzione della lussazione da parte dell’ortopedico che rimette la testa dell’omero nella cavità glenoidea con delle manovre manuali.
Dopo la riduzione, la spalla viene immobilizzata con un tutore o un bendaggio tipo Desault per un periodo di circa 3 settimane. Quando si toglie il tutore, i movimenti del braccio saranno dolorosi e la mobilità molto limitata.

Bisogna iniziare subito con la riabilitazione per riprendere la massima forza e particolarità. Per un buon recupero si accompagna la terapia fisica con Ultrasuoni, Laser CO2 o Tecar® a lunghe sedute di esercizi in palestra, prima passivo e appena possibile attivo.

I tempi di recupero sono diversi da paziente a paziente, molto dipende da quanta attività si svolge con il braccio.
È necessario almeno un mese per recuperare l’articolarità, ma per eliminare completamente il dolore potrebbe servire più tempo.
Quando si termina la riabilitazione si può tornare alla vita svolta precedentemente e all’attività sportiva. Alcune volte, soprattutto, nei giovani sportivi, si procede con l’intervento chirurgico in artroscopia per riparare le strutture lesionate: labbro glenoideo, capsula, tendini o legamenti.
Possono accompagnarsi alla lussazione anche complicanze gravi come la frattura nell’epifisi prossimale dell’omero e la lesione del nervo circonflesso.
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La complicazione più frequente è la recidiva e la lassità dei legamenti che non riescono a stabilizzare la testa dell’omero nella glena. L’omero è tenuto contro la scapola per azione soprattutto di quattro muscoli che formano la cuffia dei rotatori: sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo e sottoscapolare. I tendini di questi muscoli possono stirarsi durante l’infortunio, inoltre il cercine glenoideo e la capsula possono lesionarsi parzialmente. Come conseguenza della lussazione, le strutture stabilizzatrici perdono parte della forza stabilizzatrice, quindi è sufficiente un trauma minore per avere una recidiva. L’ultimo stadio consiste nella lussazione abituale in cui è possibile che si presenti anche di notte o con sforzi minimi. La prevenzione delle recidive può essere chirurgica oppure fisioterapica, se le lesioni sono parziali con le terapie fisiche e un buon programma di rinforzo muscolare della cuffia dei rotatori si ridà la necessaria solidità alle strutture che costringono la testa dell’omero nella glena omerale.    
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Lesione del collaterale mediale

Lesione del collaterale mediale


Come avviene il danno?
Nel ginocchio, il Collaterale mediale è il legamento che più facilmente subisce una lesione e si può ledere per traumi diretti o indiretti. Spesso è causato da una rotazione eccessiva con il ginocchio flesso in valgismo e la scarpa è ferma sul terreno. Può derivare anche da un contrasto sulla zona esterna dell'articolazione. In certi casi oltre al danno del LCM questi traumi causano anche la fissurazione del menisco mediale e raramente anche del Legamento Crociato Anteriore. Colpisce generalmente gli sportivi, in particolare chi pratica: sci, pallacanestro, pallavolo, tennis, calcio, rugby, nuoto, atletica. La lesione può essere di primo grado se è solo uno stiramento, di secondo grado se si rompono solo alcune fibre e di terzo grado se si spezza almeno per 3/4 del suo spessore. La zona interessata può essere la porzione centrale del legamento oppure nei casi più gravi, c'è lo strappamento dell'inserzione sul femore o sulla tibia.  




Quali sono i sintomi della lesione del collaterale mediale?
Il soggetto colpito avverte delle fitte nei movimenti e nell'appoggio, ginocchio gonfio e perdita funzionale.  

Quali esami diagnostici si devono fare?

È necessario un esame clinico svolto da uno specialista che eseguendo i test opportuni riesce a capire dov'è la lesione. Per confermare la sua diagnosi può ordinare una risonanza magnetica o una TAC.

Cosa fare? Qual'è la terapia?
 Appena dopo il trauma, si applica il protocollo RICE (rest, ice, compressione, elevation), cioè riposo con l'arto sollevato, con l'applicazione di ghiaccio ed eventualmente un bendaggio compressivo o il kinesio taping. Se la lesione del Collaterale Mediale è di terzo grado si può intervenire chirurgicamente, ma oggi si propende per un trattamento conservativo anche nei casi più gravi, per evitare le possibili complicazioni.

L'immobilizzazione è necessaria solo nel post-intervento, negli altri casi si può utilizzare una ginocchiera che controlli eventuali movimenti eccessivi che potrebbero danneggiare il legamento oppure il taping del ginocchio.



Gli obiettivi della riabilitazione sono la riduzione del gonfiore e del dolore, il recupero della mobilità, della forza muscolare e della propriocettività.
Si segue un programma di esercizi di rinforzo muscolare principalmente del muscolo quadricipite, degli ischiocrurali, degli adduttori, abduttori e rotatori dell'anca. Inizialmente si eseguiranno contrazioni isometriche, successivamente si inseriranno esercizi isotonici. In questo modo si riesce a stabilizzare l'articolazione del ginocchio migliorando la sicurezza del paziente. Se il paziente è un atleta deve stare fermo per un lungo periodo, prima di riprendere le gare dovrà svolgere anche un programma di rieducazione propriocettiva che inizierà dopo due settimane circa dalla lesione.  

Quanto tempo deve passare per ritornare alle gare?

Per il recupero dopo lesione del collaterale mediale sono necessarie 4/5 settimane.
Hai una domanda? Posta nel forum.

Si può prevenire questo infortunio? È difficile prevenire una distorsione del ginocchio soprattutto per chi pratica certi sport molto a rischio. Ci sono degli accorgimenti che possono aiutare: eseguire molti esercizi propriocettivi, rinforzare il quadricipite e gli ischiocrurali che stabilizzano l'articolazione, utilizzare ginocchiere nel volley e nel basket.


Ambulatorio Privato di Fisioterapia
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Dir. San Dr. Defilippo Giovanni Medico Chirurgo
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