venerdì 1 marzo 2013

Metatarsalgia



Cos'è la metatarsalgia?

Metatarsalgia significa dolore nella zona distale del piede, in corrispondenza delle ossa metatarsali, vicino alle articolazioni con le falangi prossimali delle dita. Il piede si può dividere in due regioni, quella prossimale è il retropiede che comprende il calcagno (tallone), mentre quella distale si chiama avampiede e termina con cinque ossa lunghe (metatarsi) collegate alle dita. Questa sindrome può essere accompagnata da alcune deformazioni come: l'alluce valgo, le dita a martello o il piede piatto, ma spesso compare in soggetti con piedi normali. La metatarsalgia può avere diverse origini: anatomica-biomeccanica e secondaria.


Metatarsalgia anatomica-biomeccanica

È possibile che il peso gravi su una zona ristretta dell’avampiede perché i metatarsi hanno una lunghezza diversa o sono inclinati in maniera anomala. Questo  provoca la formazione di un callo nella regione anteriore della pianta del piede oltre ad un forte dolore. Le alterazioni anatomiche possono derivare da eventi traumatici, dall’alluce valgo o dall’artrite delle ossa sesamoidi. Un’altra causa di metatarsalgia è la disidratazione e la perdita di elasticità del pannicolo adiposo che si trova nell'area plantare del piede, e funge da ammortizzatore durante la deambulazione. Per evitare il dolore della metatarsalgia, il soggetto colpito cerca un maggior appoggio sulle dita del piede, con gli anni questo può portare alla deformità delle dita a martello o a griffe.  




Metatarsalgia secondaria

La metatarsalgia può derivare anche da patologie sistemiche come il diabete che può provocare alcune ulcerazioni della pianta del piede, malattie reumatiche come la gotta o l'artrite reumatoidepatologie vascolari o infezioni (artrite settica). Non bisogna confondere la metatarsalgia con il neuroma di Morton che consiste nella degenerazione del nervo digitale. È una patologia benigna che provoca dolore nello spazio intermetatarsale tra il secondo, il terzo e il quarto metatarso. Il Neuroma di Morton causa un fastidio costante, anche durante la notte, mentre la metatarsalgia provoca dolore solo mentre si cammina.  

Quali sono i sintomi?

Generalmente il paziente riferisce un forte dolore nell’avampiede, generalmente sotto la pianta, ma può comparire anche nella regione dorsale del piede. I sintomi peggiorano camminando e alla fine di una giornata lavorativa in piedi, invece quando si sta seduti o sdraiati non provoca fastidio. Il dolore è molto intenso, quindi il paziente cerca di attenuarlo appoggiando in maniera scorretta o caricando il peso sull’altro arto inferiore; a lungo termine la posizione scorretta può dare altri sintomi come il mal di schiena.  


Come si diagnostica la metatarsalgia?

Per arrivare alla corretta diagnosi di metatarsalgia è necessario un attento esame clinico svolto da un medico che dopo aver ragionato sull’anamnesi controlla i sintomi del paziente ed eventuali segni, in questo caso cerca delle callosità. Gli esami strumentali di cui si può avvalere sono:
  1. Una radiografia per evidenziare alterazioni anatomiche o biomeccaniche.
  2. Se il dottore sospetta un neuroma di morton può prescrivere un’ecografia, infatti le lastre mostrano solamente le ossa, mentre per vedere i tessuti molli è necessario l’esame ecografico.
  3. La baropodometria è un esame che si svolge in piedi, cammiando su una pedana collegata ad un computer che misura la distribuzione del carico nelle due piante del piede. Da questi dati può risultare un eventuale squilibrio nell’appoggio del peso che può far pensare ad una metatarsalgia anatomica-biomeccanica.
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Qual è la terapia più adatta?

Gli sportivi colpiti da questa sindrome dolorosa devono concedersi un periodo di riposo o sostituire la corsa con altre attività (nuoto, ciclismo, ecc.). Per eliminare il dolore generalmente si consigliano terapie fisiche (laser CO2, ultrasuoni in immersione, ecc.) oppure terapie manuali per eliminare le tensioni che causano un cattivo appoggio. Finché non si è risolta del tutto la metatarsalgia, è necessario l’utilizzo di scarpe larghe che non esercitano una forte pressione sulla parte esterna dei metatarsi. È utile un ortesi plantare che distribuisca uniformemente il peso del corpo su tutti i metatarsi. Nei casi che non rispondono alle terapie, dopo almeno sei mesi dalla comparsa dei sintomi, si può considerare anche l’intervento chirurgico, però non sempre è risolutivo, quindi è necessario consultare un bravo ortopedico che sappia spiegare al paziente i benefici e i possibili rischi.  




Dr. Massimo Defilippo Fisioterapista
Tel 0522/260654
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P. IVA 02360680355
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